Messaggio del Vescovo Pietro ad un anno dalla nascita del settimanale diocesano Kaire 

Nel Messaggio di Natale dello scorso anno, nel salutare con gioia la nascita del settimanale diocesano di Ischia, affidavo al neonato giornale tre possibili obiettivi che mi piace qui riassumere con tre parole: vangelo, fraternità e speranza.

Innanzitutto: vangelo! «Sarà – scrivevo – a servizio della rievangelizzazione della nostra isola e di quanti, numerosi, ogni anno la visitano per un tempo di cure e di riposo». Il vangelo è il nostro tesoro e la vera ragion d’essere della comunità cristiana. Per questo la nostra piccola Chiesa vuole provare a portare la bella notizia anche attraverso la carta stampata! Scrive Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium: «Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile» (15).

Kaire, in quest’anno, ha cercato di farlo! E mi sembra che lo abbia fatto non soltanto nei contenuti, proponendo di volta in volta un commento alla Parola della domenica, riportando il messaggio del papa e del vescovo oppure presentando questo o quel testimone della fede ma, direi, anche nella forma: vale a dire con uno stile umile e pacato, cercando di raccontare le cose sempre in maniera garbata e rispettosa. In un mondo sempre più aggressivo e violento c’è una levità che deve connotare il nostro modo di porci anche nell’arena mediatica!

E qui vengo alla seconda parola: fraternità! Scrivevo nel numero zero di Kaire: «Il giornale vorrebbe porsi come strumento di collegamento delle tante realtà ecclesiali, e non solo, presenti in Ischia e contribuire a sviluppare tra noi una sempre più forte vita di comunione: – e aggiungevo – ce n’è bisogno!». Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno ha affermato:  «In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa. Comunicare bene ci aiuta ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra di noi, ad essere più uniti. I muri che ci dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto».

Penso che Kaire abbia fatto bene questa parte! Sempre attento a tessere quella rete di rapporti che richiede tanta costanza e pazienza, ha lavorato per cercare – per dirla con san Giovanni XXIII – più ciò che ci unisce che ciò che ci divide. Senza cedere alla tentazione di alimentare la polemica, ha parlato proponendo, certo, la propria lettura delle parole e dei fatti, cercando di rendere sempre ragione della speranza cristiana, ma sempre “con dolcezza e rispetto”, come ci ricorda la Prima Lettera di Pietro (3, 16).

La terza parola è proprio “speranza”! Scrivevo sempre l’anno scorso: «C’è bisogno di evidenziare le tante esperienze ed iniziative di bene, espressioni di quella vita ordinaria, in primo luogo, delle parrocchie, ma anche degli organismi diocesani e delle tante aggregazioni ecclesiali, nonché delle numerose associazioni di promozione sociale. C’è una “vita buona” ad Ischia che merita di essere sottolineata perché possa contribuire a sviluppare una vera e propria cultura della vita e dell’amore».

Il proverbio orientale ci ricorda che “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”! Al nostro giornale ho chiesto perciò di essere un giornale alla ricerca di belle notizie, di esempi buoni, nella consapevolezza che, come dice Papa Francesco: «comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa» (EG 9). Quando comunichiamo il bene, lo facciamo conoscere, lo sottolineiamo, noi seminiamo la speranza! Quanto è importante questa opera! Benedetto XVI nella Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, scriveva: «oggi la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini ‘senza speranza e senza Dio in questo mondo’, come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef 2,12). Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita».

Anche da questo punto di vista mi sembra che Kaire abbia fatto bene! Ogni settimana è andato alla ricerca di una buona notizia, ha raccontato storie di vangelo vissuto e ha fatto conoscere gesti di bene, piccoli ma tanto eloquenti, di persone e di comunità, dell’isola e non, che credono, nonostante tutto, in un mondo più giusto e solidale e ci provano a costruirlo, sapendo che il futuro si realizza già ora con l’impegno di ognuno. Ha inoltre cercato di evidenziare le tante bellezze della nostra isola che ci chiede di custodire quel ricco patrimonio di natura, di arte e di storia che fa di Ischia una terra unica al mondo!

Per tutto questo, ad un anno dalla sua nascita, sento di dire al nostro settimanale diocesano, sinceramente, un grande grazie!

E nel dire grazie, dico anche: avanti! Bisogna continuare: con coraggio ed entusiasmo grandi! Bisogna continuare sapendo che i media cattolici, come ha ricordato qualche giorno fa Papa Francesco parlando alla grande famiglia di TV 2000, hanno una missione molto impegnativa nei confronti della comunicazione sociale. Sapendo che ciò che fa bene alla comunicazione è in primo luogo la parresia, cioè il coraggio di parlare con franchezza e libertà e che bisogna evitare – ha aggiunto il papa sempre in quella occasione –  sia di “riempire” che di “chiudere”: «si “riempie” quando si tende a saturare la nostra percezione con un eccesso di slogan che, invece di mettere in moto il pensiero, lo annullano. Si “chiude” quando, invece di percorrere la via lunga della comprensione, si preferisce quella breve di presentare singole persone come se fossero in grado di risolvere tutti i problemi, o al contrario come capri espiatori, su cui scaricare ogni responsabilità. Correre subito alla soluzione, senza concedersi la fatica di rappresentare la complessità della vita reale, è un errore frequente dentro una comunicazione sempre più veloce e poco riflessiva».

Sì, bisogna continuare! Occorre però farlo senza cedere a quelli che Papa Francesco chiama i tre peccati dei media: la disinformazione, la calunnia e la diffamazione e soprattutto senza dimenticare che una comunicazione autentica non è preoccupata di “colpire”.

Affido il nostro Kaire alla protezione della Vergine Maria e dell’Arcangelo Gabriele perché, anche attraverso la lettura del nostro settimanale, a tanti possano giungere parole di vangelo, fraternità e speranza!

Come l’arcangelo in missione di servizio a Nazareth, così la Chiesa di Ischia sia una Chiesa in uscita, capace di dire ancora: Kaire!

Ischia,  27 dicembre 2014

+ Pietro Lagnese

vescovo di Ischia