Omelia del Vescovo Pietro

per la Santa Messa del 31 dicembre 2015

Ischia, Chiesa Cattedrale

 

Condividere: arte di Dio!

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio!

 

Carissimi fratelli e sorelle,

la liturgia dell’ultimo giorno dell’anno civile, mentre celebriamo l’ottava del Natale, ci propone di nuovo il bellissimo Prologo del Vangelo di Giovanni ascoltato nella Messa del giorno del Natività del Signore. È la straordinaria pagina in cui l’autore del IV Vangelo sintetizza tutto il contenuto del suo libro: 18 versetti per dire tutto il vangelo; 18 versetti per dire il mistero della nostra salvezza; 18 versetti per raccontare il mistero svelato e compiuto in Gesù di Nazareth, la Parola fatta carne!

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi:

è il cuore ed il centro di questa pagina e di tutto il Vangelo!

Ma su un’espressione del Prologo in particolare vorrei fermarmi questa mattina con voi:

«Venne fra i suoi, /e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto/ ha dato potere di diventare figli di Dio!».

Ascoltare questa Parola è per noi motivo per metterci dinanzi al Signore e dirgli il nostro grazie, per chiedergli perdono, per domandargli forza per l’anno che verrà, sostegno per i giorni che ancora vorrà donarci!

Sempre la Parola, insieme al Pane eucaristico, deve diventare l’alimento per la nostra preghiera: nutrire la nostra azione di grazie, suscitare in noi un sincero pentimento, far sgorgare dalle nostre labbra una rinnovata richiesta di aiuto! Così oggi: ultimo giorno dell’anno!

«Venne fra i suoi, /e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto/ ha dato potere di diventare figli di Dio!».

Accogliere: che significa questo verbo riferito al Figlio di Dio, fattosi carne nel grembo di Maria?

Significa riconoscere che Lui è un dono, anzi è il Dono di Dio! Il vero regalo!

Dio ci regala suo Figlio…

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo figlio…

Ti do mio Figlio! – dice Dio – la cosa migliore che ho!… la cosa più preziosa… quella che mi è più cara…quella che mi costa di più darti… Il Figlio mio: l’Amato!

Te lo do anche se riconosco la possibilità che tu potrai non accogliere il mio Dono! Anche se so che tu potrai non riconoscere la grandezza di quel Dono!

Anche se so che forse il mio Dono tu lo rifiuterai… io te lo offro!

Ti offro mio Figlio! Te lo consegno!

La povertà di Betlemme è segno del Dio che condivide ciò che ha! Anzi ciò che è!

E per condividere si fa povero! Si spoglia di ciò che gli è più caro!

Betlemme è segno del Dio che da ricco che era si è fatto povero!

«Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: – dice l’Apostolo – da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. (2 Cor 8,9).

Povero per noi: ecco il mistero del Natale!

Povero perché noi diventassimo ricchi per Lui!

«egli, pur essendo nella condizione di Dio,/ non ritenne un privilegio l’essere come Dio,/ ma svuotò se stesso/ assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2, 6-7).

Di quale ricchezza l’Apostolo parla? Qual è la ricchezza che Dio ha voluto parteciparci, per la quale spogliò se stesso, non ritenendo un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio?

«quando venne la pienezza del tempo, – ci dice Paolo nella Lettera ai Galati – Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.  E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”. Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio» (Gal 4, 4-7).

Ecco il motivo per cui Dio si è fatto uomo, per cui Dio ha mandato Suo Figlio: perché ricevessimo l’adozione a figli! Perché potessimo diventare figli di Dio!

Ecco la vera Misericordia! Farci diventare come Lui! Non un sentimentalismo sterile, che ci lascia tali e quali! La scelta di Dio ci chiama a diventare come Lui, ad assumere la Sua stessa natura divina!

Scrive Sant’Ippolito in un testo che leggevamo ieri nell’Ufficio delle Letture: «Noi sappiamo che il Verbo ha preso un corpo mortale dalla Vergine, e ha trasformato l’uomo vecchio nella novità di una creazione nuova. Noi sappiamo che egli si è fatto della nostra stessa sostanza. Se infatti non fosse della nostra stessa natura, inutilmente ci avrebbe dato come legge di essere imitatori suoi quale maestro. Se egli come uomo è di natura diversa perché comanda a me nato nella debolezza la somiglianza con lui? E come può essere costui buono e giusto? In verità, per non essere giudicato diverso da noi, egli ha tollerato la fatica, ha voluto la fame, non ha rifiutato la sete, ha accettato di dormire per riposare, non si è ribellato alla sofferenza, si è assoggettato alla morte, e si è svelato nella risurrezione».

E aggiunge: «Quando tu avrai conosciuto il Dio vero, avrai insieme all’anima un corpo immortale e incorruttibile; otterrai il regno dei cieli, perché nella vita di questo mondo hai riconosciuto il re e il Signore del cielo. Tu vivrai in intimità con Dio, sarai erede insieme con Cristo, non più schiavo dei desideri, delle passioni, nemmeno della sofferenza e dei mali fisici, perché sarai diventato dio. (…) Dio ha promesso anche di concederti le sue stesse prerogative una volta che fossi stato divinizzato e reso immortale. Cristo, il Dio superiore a tutte le cose, colui che aveva stabilito di annullare il peccato degli uomini, rifece nuovo l’uomo vecchio e lo chiamò sua propria immagine fin dall’inizio. Ecco come ha mostrato l’amore che aveva verso di te. Se tu ti farai docile ai suoi santi comandi, e diventerai buono come lui, che è buono, sarai simile a lui e da lui riceverai gloria. Dio non lesina i suoi beni, lui che per la sua gloria ha fatto di te un dio».

«A quanti però lo hanno accolto/ ha dato potere di diventare figli di Dio!».

«O admirabile commercium!». «O meraviglioso scambio! Il Creatore del genere umano ha preso un’anima e un corpo ed è nato da una Vergine; fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità». Così ci fa pregare la Chiesa nella liturgia delle Ore in questi giorni!

E nel III Prefazio di Natale fa pregare ai presbiteri: «In Cristo oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale».

Ma che significa che siamo figli di Dio? Che non siamo più schiavi per ricadere nella paura ma che siamo eredi; eredi perché figli: eredi di Dio, coeredi di Cristo (cfr. Rm 8, 14-17).

Riconoscere che siamo figli di Dio significa riconoscere che Dio vuole condividere la sua stessa vita con noi! La vita di Dio ci è partecipata! La Trinità ha aperto le porte della sua Casa! Noi possiamo entrare! Il Cielo ci è dato in eredità! La vita diventa eterna! Noi non moriremo più! Significa che l’esistenza degli uomini non è una corsa verso l’ignoto ma un cammino verso la Patria! Sì, siamo fatti per il Cielo; il Paradiso è la nostra Casa! Dio viene a condividere con noi la sua Vita!

«A quanti però lo hanno accolto/ ha dato potere di diventare figli di Dio!».

È bello riascoltare questa Parola mentre un altro anno volge al termine e il tempo inesorabile continua la sua corsa! È bello riaccoglierla mentre forse nel nostro cuore viaggiamo con la memoria e andiamo ai tempi che non ci sono più, alle persone che non vediamo più e agli anni che sono passati!

Ci ha dato potere di diventare figli di Dio! È bello sussurrare questa parola a quanti sentono che la loro vita su questa terra si sta spegnendo e sperimentano tanto buio e freddo dentro al cuore! Ripeterla a quanti sono afflitti da una situazione di disagio e di paura! A quanti sono nella solitudine e nella malattia! Penso ora agli ospiti di Villa Joseph, Villa Mercede, a quanti sono in ospedale e a quanti lottano con una malattia che potrebbe condurli alla morte, a tutti i malati della salute mentale e in particolare gli sfrattati della SIR.

Non siamo soli! Non siamo orfani! Dio è nostro Padre e noi siamo suoi Figli! Papa Francesco nella Messa della Notte di Natale di quest’anno così si esprimeva: «Oggi il Figlio di Dio è nato: tutto cambia. Il Salvatore del mondo viene a farsi partecipe della nostra natura umana, non siamo più soli e abbandonati. La Vergine ci offre il suo Figlio come principio di vita nuova. La luce vera viene a rischiarare la nostra esistenza, spesso rinchiusa nell’ombra del peccato. Oggi scopriamo nuovamente chi siamo! (…) Ora, deve cessare ogni paura e spavento.».

Sì, Signore, tu sei con noi! Grazie, Signore, per essere venuto! Senza di te saremmo disperati!

Con il beato Paolo VI sentiamo il bisogno di dirti: TU ci sei necessario!

O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario:

per vivere in Comunione con Dio Padre;

per diventare con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;

per essere rigenerati nello Spirito Santo.

Tu ci sei necessario,

o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,

per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.

Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,

per scoprire la nostra miseria e per guarirla;

per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;

per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.

Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano,

per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,

i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.

Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori,

per conoscere il senso della sofferenza

e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.

Tu ci sei necessario, o vincitore della morte,

per liberarci dalla disperazione e dalla negazione,

e per avere certezze che non tradiscono in eterno.

Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi,

per imparare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità,

lungo il cammino della nostra vita faticosa,

fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso,

con Te benedetto nei secoli
(Giovanni Battista Montini, Lettera pastorale alla diocesi di Milano, 1955).

Sì, nel Figlio, anche noi siamo tutti amati! Amati e perciò perdonati! Amati e perciò chiamati ad un destino di gloria! È importante che ne abbiamo rinnovata consapevolezza, sempre, in ogni momento e, in particolare, in un tempo come il nostro nel quale potremmo cedere alla tentazione di sentirci a corto di speranza!

Sì, a corto di speranza per i tanti conflitti internazionali che ci minacciano, gli attacchi terroristici che ci sconvolgono, le tante ingiustizie che si perpetuano, le persecuzioni dei cristiani che si moltiplicano; i diritti fondamentali negati, come sanno bene quelli che vedono la morte lungo le coste del nostro Mediterraneo o quelli che neppure hanno mai visto la vita perché uccisi ancor prima di nascere; la violenza e la corruzione all’ordine del giorno; l’inquinamento climatico che cresce insieme alla desertificazione dei cuori, l’indifferenza e le menzogne che si fanno strada, le idiozie e le grettezze che trovano consensi!

E anche dentro la Chiesa quante turbolenze, quante divisioni, quanti scandali… quante meschinità! La sposa di Cristo, la santa Chiesa di Dio, troppe volte si è mostrata con il volto infangato, le vesti lacere e le mani sporche! «Quanta sporcizia (…) e proprio tra coloro che dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza»: sono le parole coraggiose pronunciate dall’allora card. Ratzinger in quella memorabile meditazione alla nona stazione della Via Crucis nel Venerdì santo del 2005.

Tutto ciò potrebbe generare scoraggiamento, confusione, e mettere a rischio di estinzione la speranza!

Ma il Signore è con noi! E ci dice di non scoraggiarci di fronte al male; di non scoraggiarci di fronte ai molti anticristi già venuti e a quelli che verranno!

Piuttosto possiamo e dobbiamo domandarci:

e noi, Signore, cosa abbiamo fatto? Signore, Ti abbiamo accolto?

«Venne fra i suoi, /e i suoi non lo hanno accolto».

Alla fine di un anno è giusto domandarcelo! Ti abbiamo riconosciuto? Noi che ci diciamo “i tuoi”, siamo stati tuoi testimoni? Abbiamo come il Battista dato testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo nostro, oppure Ti abbiamo opposto resistenza e rifiutandoti siamo diventati motivo di confusione per tanta gente che sui nostri volti non ha saputo leggere il tuo Volto di misericordia? Anche noi come in ogni Chiesa particolare abbiamo aperto la Porta della Misericordia in questa nostra Cattedrale, ma le porte del nostro cuore le abbiamo aperte?

Dicevo nell’Omelia per l’apertura della Porta santa (12 dicembre 2015): «il Signore vuole rinnovare la nostra vita! Egli vuole che la mia vita, la nostra vita, cambi! E vuole cambiare anche la nostra Chiesa! Se non volesse questo il Suo non sarebbe un vero amore! La misericordia non possiamo perciò ridurla a buonismo! Per cui diciamo: “non fa nulla”, e così passiamo sulle cose, lasciamo correre, diciamo che tutto va bene, facendo in modo che tutto rimanga tale e quale e niente cambi!». Se agissimo così offenderemmo la Misericordia di Dio! E anche l’Anno della Misericordia sarebbe un’altra occasione sciupata!

«A quanti però lo hanno accolto/ ha dato potere di diventare figli di Dio!».

Carissimi, la Misericordia si è fatta carne! Mandando Suo Figlio il Padre manifesta il Suo volto misericordioso: “Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre” (MV,1).

«Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 1-2).

La figliolanza divina non è una realtà statica. Iniziata in noi con il Battesimo, se alimentata cresce in noi in maniera sorprendente! Cresce fino a renderci simili a Lui! Saremo simili a Lui! E il cammino della santità! E noi ci domandiamo alla fine di quest’anno: siamo cresciuti? Siamo avanzati? Sono aumentati i figli di Dio? È cresciuta la vita di Dio nei nostri fedeli, nelle nostre comunità?

Ma cosa significa diventare simili a Dio?

Significa diventare anche noi come il nostro Dio capaci di condividere!

La condivisione è l’arte di Dio, la sua prerogativa! Quest’arte può diventare anche la nostra! La condivisione deve diventare lo specifico di ogni battezzato e ogni comunità cristiana! Anche noi se lo accoglieremo diventeremo figli di Dio e perciò simili a Lui. Diventeremo cioè uomini che si donano, che condividono, che sanno fare della loro vita un dono; uomini che condividono! Misericordiosi come il Padre!

Allora si realizzerà la nostra divinizzazione! Accadrà che diventeremo creature divine: divine e perciò più umane! Umane e perciò divine! Che l’Anno della Misericordia compia in noi questa opera! Che gli esercizi di Misericordia che ci siamo impegnati a fare all’inizio di questo Anno Santo contribuiscano a far crescere in noi la figliolanza divina!

È questo il mio augurio per tutti noi; per la nostra Chiesa! Per me e per voi!

Buon Anno 2016, Che sia fecondo di Bene! Fecondo come il grembo della Vergine Maria! Fecondo di gesti di condivisione e opere di misericordia!