Si è tenuta a Treviso, dal 6 al 9 Marzo scorso, la seconda tappa del percorso di formazione promosso dalla Caritas Italiana, per i membri delle equipe delle Caritas Diocesane a cui hanno partecipato settanta fra direttori e collaboratori di circa cinquanta Diocesi italiane. Anche la nostra Diocesi era presente con due membri dell’equipe diocesana, Erica Buono e Luisa Pilato

 

Luisa Pilato

Il percorso iniziato a Roma lo scorso marzo, è suddiviso in tre tappe e dopo la  tappa di Treviso si concluderà a Roma il prossimo maggio. Il percorso che ogni anno Caritas Italiana propone, ha lo scopo di far approfondire ai partecipanti, l’identità, la storia e il ruolo delle Caritas sia diocesane che parrocchiali, additando il metodo condiviso dell’equipe quale migliore strada per imparare a “pensare”, “progettare”, “operare” insieme superando così la tentazione dell’agire individuale che spesso attanaglia il nostro agire pastorale. Molta attenzione è stata accordata nelle due tappe vissute finora nell’approfondire le tre “attenzioni statutarie per l’azione pastorale della Caritas: i Poveri, la Chiesa e il territorio/mondo.

La seconda tappa vissuta a Treviso si è arricchita della meravigliosa esperienza di conoscenza dei veri protagonisti della Caritas Diocesana, in primis del suo “energico” direttore Don Davide Schiavon e dei suoi tantissimi collaboratori, la maggior parte dei quali molto giovani come Cinzia, Davide, Marcello, Valentina, Antonio, Paola e tanti altri che ci hanno accompagnati nei giorni della percorso. Una Diocesi viva, attenta alle problematiche della gente che con i suoi circa 900 mila abitanti e 263 parrocchie e numerose Opere Segno, ha fatto suo uno stile nuovo di essere “Chiesa in uscita” che è quello dell’agire condiviso, adottando l’equipe come scelta pastorale dove, come suggerito da Papa Francesco, si possa imparare a pensare insieme, progettare insieme, ricevere insieme e dare aiuto insieme. Con questo stile si può esprimere la solidarietà come un dono. Per i partecipanti al percorso, questa tappa ha significato partire dalla esperienza reale della Caritas di Treviso, e no dalla teoria, e comprendere che tale metodo pastorale, può essere adottato da tutti, naturalmente adattandolo alle proprie realtà diocesane.

L’equipe quindi diventa una scelta pastorale importante che rappresenta pertanto una opportunità per la Chiesa dei nostri giorni e Treviso l’ha colta in pieno, vedendo fiorire in questi ultimi decenni importanti Opere Segno ed una profonda cultura della solidarietà e del volontariato soprattutto giovanile. Tale retroterra ha fatto sì che  la città, reagisse meglio, del resto d’Italia, alla crisi economica che anche in quelle zone ha fatto strage, obbligando tanti imprenditori a cessare le proprie attività produttive, in diversi casi anche in modo drammatico. Tale congiuntura tuttavia  ha generato un pullulare di iniziative e di interventi importanti come la nascita di un fondo di solidarietà per incoraggiare l’occupazione di lungo periodo o lo sportello di Ascolto per imprenditori in crisi, “ll Progetto Penelope”, che è stato poi letto come buona prassi e riproposto dalla Regione dopo i suicidi di diversi imprenditori. La Caritas Trevisana superando una concezione prettamente assistenzialistica, si è rimboccata le maniche muovendosi su quattro piste operative:

  • La pista della progettazione, reagendo alla crisi, puntando a costruire progetti condivisi con il territorio;
  • La pista dell’accompagnamento incoraggiando sempre e comunque l’accoglienza, l’accoglienza del povero, della persona in difficoltà, del migrante.
  • La pista della formazione sia dei collaboratori della Caritas diocesana che parrocchiali;
  • La pista dell’animazione del territorio.

Con questo slancio negli anni sono nate esperienze significative come il Centro di Prima Accoglienza la Casa della Carità dove ci sono circa una quarantina di posti letto, diviso in due aree quella maschile e quella femminile, un servizio docce e lavanderia ed una mensa che offe circa 80 pasti ogni sera avvalendosi di circa sessanta volontari che si alternano in turni settimanali.

L’accoglienza dei migranti attraverso strutture di primo e di secondo livello e dove da qualche anno si è lanciata una accoglienza comunitaria attraverso le parrocchie e famiglie denominata “Rifugiato a casa mia” dove i richiedenti protezione internazionale, dopo una accoglienza iniziale, vengono accolti da famiglie o da parrocchie,  favorendo una loro piena integrazione con il territorio. Ancora grande attenzione si è accorda all’ambito psichiatrico ed un sacerdote coraggioso,  don Marco Vanon con un gruppo di volontari, ha dato vita ad un  centro residenziale per  giovani ed adulti con problemi psichiatrici lievi, la “Casa Respiro” . E una esperienza di co-housing dove diverse persone con problemi psichiatrici, trovano accoglienza e possibilità di vivere attività di inserimento lavorativo e laboratoriali confacenti alle loro attitudini. Ancora il volontariato carcerario è molto vivo nel territorio e vi è una grande attenzione alla cooperazione internazionale sostenendo  progetti di sviluppo in diversi paesi poveriiviluppo in diversi stati africani come in Togoala cooperazione internazionale acenti a come in Togo, Congo, Perù o dove c’è la guerra come in Siria. L’ultimo giorno della permanenza a Treviso il Vescovo, Mons. Gianfranco Cardin che ha presieduto la S. Messa ha incoraggiato i partecipanti a ritornare nelle proprie rispettive diocesi con coraggio e tenacia riscoprendosi testimoni credibili di un Chiesa in uscita.

Carichi di entusiasmo si è fatto ritorno nelle rispettive città con la consapevolezza che tale percorso oltre ad essere una opportunità per acquisire competenze che individualmente ogni membro delle equipe diocesane deve avere, è anche una ottima occasione di  scambio esperienziale.

Per incoraggiare lo scambio di buone prassi e la  formazione continua, Caritas Nazionale ha messo a punto una piattaforma elearning “Caritas in formazione” per cui ci si tiene aggiornati del vissuto di ogni Caritas Diocesana e dove si aiuta reciprocamente.

Con l’impegno di ritrovarsi a  maggio, a Roma per l’ultima tappa del percorso di questo anno, ciascuno ha fatto suo il liet motivo dell’intero percorso che operando da soli nei propri ambiti pastorali si può essere più veloci ma operando “insieme” di certo si va più lontani.