Il laboratorio delle Vecchie e Nuove povertà

Abbiamo individuato attraverso l’VIII Convegno Ecclesiale alcune piste pastorali per operare quale Caritas diocesana ad ampio raggio. L’intuizione del mondo post-moderno dell’ ALTERITA’ quale sinonimo di diversità, ci ha fatto riflettere molto. In un contesto in cui tutto è fluido, l’alterità è come un “punto fermo” che ci permette di essere operatori caritas, poiché senza la diversità non ci può essere un vero incontro. Un cambiamento va prima di tutto operato in noi, con un continuo e sano processo di crescita, di continua conversione. Senza di questo non ci può essere incontro con l’altro, diverso da noi e bisognoso di vera carità. Non è pensabile uscire verso l’altro se ci poniamo con un atteggiamento di quelli che sanno come deve andare il mondo! Farsi prossimo con la consapevolezza della propria povertà. Questo atteggiamento da povero, aiuta la relazionalità con chi è povero come me ma in una forma diversa. Il processo di crescita umana e spirituale richiede un lavorio costante, fatto di confronto con Gesù Cristo unico salvatore del mondo. Noi siamo solo quelli che ha voluto chiamare per operare con Lui, per Lui e in Lui in questo momento storico. Nuove forme, nuove piste da percorrere per incontrare una umanità nelle sue vecchie e nuove povertà. Queste sono il segno di cosa lo Spirito vuole da noi, che non si comprende pienamente se non ci poniamo in ascolto attento e prolungato della Parola con un atteggiamento di preghiera : non illudiamo noi stessi! Ci sono e ci saranno sempre nella Chiesa stili da cambiare, la storia ne è testimone. Francesco di Assisi cambiò lo stile esteriore sfarzoso della Chiesa del medioevo con un semplice sacco e un pezzo di corda, ma adottò quel cambiamento principalmente dentro se stesso. Stile di povero tra i poveri, fratello minore dei fratelli minori perché poveri. Da figlio di ricco mercante si fece povero, perché voleva imitare Gesù Cristo e non i poveri, ma per essere in mezzo a loro messaggero di Cristo povero ed obbediente. Ecco l’inizio di un volto nuovo della Caritas, non più dispensatrice di pacchi, ma Chiesa che esce e va incontro con la povertà dei suoi membri, verso chi vive nel disagio e nella solitudine. Caritas che non attende più di essere informata su di un caso di povertà, ma attraverso le piste di lavoro delle altre pastorali diocesane, ha l’opportunità di incontrare tutte le forme di povertà. Sembra un nuovo programma di missione, ma non è altro che un integrare ed ampliare quello che nel tempo è stato fatto. E’ una continuità che mostra che la Chiesa è sempre stata madre. Una Madre sempre disposta ad ascoltare e a trovare le parole per dialogare, in particolare con chi non ha nessuno con cui parlare di se stesso e dei suoi problemi. Parole nuove perché portatrici della vera Speranza, in un mondo dal volto disperato. Uscendo, accogliendo e custodendo nella preghiera il desiderio di risollevare le vecchie e nuove povertà, la Caritas sarà alla scuola di un nuovo linguaggio, poiché ogni povertà si esprime in vario modo. Il silenzio di chi non riesce più a dire la sua sofferenza, la rabbia di chi va avanti da solo, lo sguardo triste di colui a cui è stato negato l’affetto. Tutto questo sembra un sogno ma “senza sogni non ci sono uomini !”(padre Filippo Strofaldi) . La Caritas diocesana nei prossimi mesi darà la possibilità a quanti vogliono impegnarsi in questo “sogno”, di partecipare ad un corso di formazione. Ricordiamo e diciamoci a noi la domanda di Papa Francesco a Mons. Galantino: CI HAI PREGATO SOPRA? Preghiamo per questo nostro ripartire, per avere la possibilità di provocare in chi ci incontra la domanda: ma tu in chi credi? Da questa domanda, possiamo annunciare il mistero del Dio fatto uomo e Salvatore del mondo.

di Lorenza Buono