Abbiamo chiesto a Luisa Pilato della Caritas diocesana, un commento sul presente e sul prossimo futuro

di Gina Menegazzi

“L’esperienza che abbiamo fatto si può riassumere in due punti: il valore della solidarietà e l’esigenza della tutela dell’ambiente. La fase successiva presuppone che ci sia un aiuto territoriale nei luoghi in cui queste persone sono state sfollate.  Emerge un po’ da tutti i lati l’esigenza di non perdere la propria identità. Viene chiesto in modo particolare che ci siano soluzioni di medio periodo in termini abitativi, e soprattutto che sia rispettato questo senso di appartenenza, quindi preferibilmente con soluzioni vicine.

Al momento la Protezione Civile non riesce ancora a darci i numeri e i nomi precisi, perché per noi sarebbe più facile strutturare poi quella presenza che non è solo garantire l’aiuto materiale, ma soprattutto agganciare queste persone alle realtà delle parrocchie e delle comunità.  La Caritas è indirizzata a catalizzare gli sforzi e gli aiuti nella realizzazione di opere-segno: moduli prefabbricati da posizionare nelle zone colpite, strutture polivalenti che dovranno funzionare sia come luoghi per celebrare la Messa e per il catechismo, ma anche come scuole. I due luoghi individuati potrebbero essere vicino all’ospedale a Lacco Ameno e nel Pio Monte della Misericordia a Casamicciola, vicino ai giochi per i bambini, ma sono ancora da verificare. Penso che le scuole siano fondamentali e almeno in un primo periodo molte saranno inagibili.

Io spero che da tutta questa storia venga fuori la consapevolezza di quanto sia importante interessarsi di quelle che sono le interazioni rispetto a un dovere civico: qui non stiamo parlando di opere di carità, ma di opere che non sono più preservate, di sicurezza pubblica, di ambiente.  Non tutelare il territorio significa poi pagarne le conseguenze. Mi ha fatto molto piacere che la prima operazione dell’esercito, arrivando a Ischia, sia stata di ripulire gli alvei, almeno i più pericolosi, in modo che in caso di piogge abbondanti non ci siano rischi.  Spero che negli ambiti strategici, anche a livello pastorale, ci siano le persone capaci di far diventare operativa tutta questa macchina di aiuti, se no abbiamo fatto solo assistenzialismo.  E’ arrivato il momento di incidere, perché ne abbiamo la possibilità e lo dobbiamo fare: io sento proprio il dovere civico, prima che spirituale, di agire sui temi che sono a noi cari, ma non solo dirlo, farle diventare anche battaglie giudiziarie”.