Messaggio del Vescovo Pietro

per la Quaresima 2016

…balzò da cavallo e corse a baciarlo!

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Ischia,

il Signore vi dia pace!

Nel Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest’anno c’è un passaggio che mi ha colpito particolarmente sul quale ho avuto modo di soffermarmi più volte.

Il papa, nel riproporre, come già nella Bolla d’Indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, l’antica pratica delle opere di misericordia corporale e spirituale, afferma che “il povero più misero si rivela essere colui che non accetta di riconoscersi tale. Crede di essere ricco, ma è in realtà il più povero tra i poveri. Egli è tale perché schiavo del peccato, che lo spinge ad utilizzare ricchezza e potere non per servire Dio e gli altri, ma per soffocare in sé la profonda consapevolezza di essere anch’egli null’altro che un povero mendicante. E tanto maggiore è il potere e la ricchezza a sua disposizione, tanto maggiore può diventare quest’accecamento menzognero”. E, richiamando la parabola di Lazzaro e del ricco epulone, aggiunge: “Esso arriva al punto da neppure voler vedere il povero Lazzaro che mendica alla porta della sua casa (cfr Lc 16,20-21), il quale è figura del Cristo che nei poveri mendica la nostra conversione. Lazzaro è la possibilità di conversione che Dio ci offre e che forse non vediamo”.

Quest’ultima espressione mi ha portato a viaggiare con la mente, ma forse anche con il cuore, e ad andare ad un episodio della vita di un altro Francesco, quello di Assisi, al quale pure il papa fin dai primi istanti del suo pontificato ha voluto ispirarsi. Tra l’altro – e non mi sembra soltanto una coincidenza! – il Messaggio di quest’anno porta proprio la data del 4 ottobre, festa del patrono d’Italia!

È l’episodio dell’incontro con il lebbroso. A raccontarlo sono innanzitutto gli antichi biografi, primi fra tutti Tommaso da Celano e San Bonaventura, e dopo di loro molti altri.

La storia la conosciamo tutti: il santo è ai primi passi nel suo cammino di scoperta di Dio. In lui man mano vanno perdendo di significato le cose che un tempo sembravano importanti, mentre cresce la voglia di vivere il Vangelo. Sente un forte desiderio di silenzio e di preghiera ma il suo cuore è ancora abitato da molte fantasie e contraddizioni. Con i poveri appare più sollecito e prodigo ma dentro di lui ci sono ancora tante paure ed ossessioni.

In particolare per i lebbrosi sente una naturale repulsione che riconosce di non riuscire a domare. Accade però che un giorno, mentre va a cavallo per la pianura che si stende ai piedi di Assisi, nel vederne uno, pur volendo, come sempre, turarsi il naso e scappare, sente quasi di non riuscire più a fuggire.

I biografi dicono che balzò da cavallo e corse a baciarlo! E in quell’istante provò un’incontenibile gioia e… cominciò a cantare! Fu come se Francesco si fosse detto: ora o mai più! Dio in quel lebbroso lo stava aspettando!

Ho pensato tante volte a quell’incontro! E mi sono domandato: cosa accadde in quel momento quando Francesco baciò il lebbroso? Quella gioia grande, inaspettata, che ampiamente lo ripagava della decisione che tanto gli era costata – quella cioè di tornare indietro alla vista del lebbroso, di abbracciarlo e di baciarlo – da dove nasceva?

Ancora i biografi ci danno una mano: accennano al fatto che in quel posto, dopo quel bacio, Francesco non vide più nessuno; come se per incanto il lebbroso fosse scomparso! Chi era quell’uomo che Francesco aveva abbracciato e baciato? l’assenza improvvisa del lebbroso cosa voleva dire? Quell’assenza insinuava la presenza di… un Altro. Il personaggio misterioso era evidentemente quello stesso Gesù di cui Francesco stava facendo la scoperta e che diventava, giorno dopo giorno, sempre più importante nella sua vita.

Sì, Francesco aveva abbracciato un Altro! Quell’uomo dalle carni imputridite e maleodoranti era Gesù! Quel lebbroso era il Signore! Dio stava dalla parte dei poveri! D’ora innanzi in ogni povero, in ogni piagato, in ogni lebbroso nel corpo e nello spirito, Francesco avrebbe visto Lui, solo Lui: Gesù! La parabola del giudizio finale raccontata da Gesù: Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, … (cfr Mt 25, 31-46) si mostrava a lui con grande evidenza! …Ero lebbroso e mi avete abbracciato! I poveri sarebbero diventati per lui l’ottavo sacramento! Come l’Eucarestia essi erano la Carne di Gesù!

In quel lebbroso Dio gli chiedeva misericordia!

Ma forse in quell’abbraccio Francesco capì anche dell’altro: quell’uomo rovinato dalla lebbra, sfigurato dal male, che ora stava abbracciando, era lui stesso: in fondo quell’uomo che puzzava di morte e camminava come un condannato al patibolo, un po’ gli somigliava. Anche Francesco era un lebbroso! La sua esistenza, vissuta fino a quel giorno nel desiderio di ciò che, in qualche modo, lo facesse sentire vivo e nella continua ricerca di qualcosa che gli permettesse di non soffocare più al pensiero della morte, davanti a quel lebbroso si squadernava tutta quanta. Quel lebbroso era la riproduzione esatta della sua esistenza, l’icona del suo ineluttabile destino: anche nella sua carne Francesco portava scritto il dramma di una vita desiderosa di essere liberata ma pure inevitabilmente votata alla morte (cfr Rm 7, 24).

In quel lebbroso Francesco riconosceva il suo bisogno di misericordia!

Se però il vero lebbroso era Francesco, quell’uomo consumato nella carne che gli era venuto incontro e che Francesco non era riuscito a non baciare, chi altri poteva essere se non il Cristo venuto a salvarlo? In Lui, Mendicante piagato, Dio gli tendeva la mano e gli diceva: sono qui per guarirti! Per riportarti alla bellezza di un tempo e abbattere il muro del tuo isolamento! Mi sono fatto lebbroso per te! “Come uno davanti al quale ci si copre la faccia” (Is 53, 3)! Vieni, contempla le mie piaghe; entra nelle mie ferite! Diventeranno per te feritoie di luce, uscite di… salvezza! Nel lebbroso era lo stesso Figlio di Dio, il Crocifisso per amore, che lo stava abbracciando! L’Uomo trafitto per i nostri peccati era dinanzi a lui perché entrando nelle Sue piaghe Francesco potesse uscire guarito (cfr Is 53, 5)!

In quel lebbroso Dio gli offriva misericordia!

Alla fine dell’estate del 1226, stanco e sfinito per le mille fatiche e le tante malattie, sentendo ormai vicino l’arrivo di sorella morte, Francesco decide di consegnare ai suoi un’ultima esortazione. Desidera infatti dire ancora una parola. Detta perciò il suo Testamento! E incomincia ricordando quell’incontro di vent’anni prima… quando in un modo tutto particolare il Signore si fece presente nella sua vita: “Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo”.

Rileggo l’inizio del suo Testamento e, quasi, mi commuovo! Il Signore dette a me…: così incomincia Francesco! L’uomo di Dio riconosce che la sua vita è stata tutta un dono! Sì, un dono di Dio! Il vero protagonista della sua esistenza è stato il Signore! È Lui che lo ha condotto per mano! Nei fatti e negli incontri della sua vita, in maniera ancora più chiara, egli riconosce l’intervento di Dio che ha abitato la sua storia. E comprende che un dono speciale per lui sono stati i lebbrosi! In fondo tutto era incominciato da quell’incontro con loro! E, a tanti anni di distanza, ancora ricorda e scorge in loro la… visita di Dio! Nei lebbrosi Dio era venuto a salvarlo! E ammette essere stata per lui quella un’esperienza di… dolcezza: dolcezza di anima e di corpo! Ci tiene a dirlo: non fu soltanto gioia spirituale; ma, in qualche modo, anche fisicamente, ne provò piacere! Sì, toccare e baciare la loro carne, fetida e purulenta, divenuta per incanto fresca ed olezzante, fu per lui come succhiare miele dalla roccia (cfr Sal 81,17)! Da quel giorno quasi per ritornare a provare quella stessa dolcezza Francesco riterrà gli spechi e le fenditure delle rocce suoi rifugi preferiti; e là, ritirato negli squarci e nelle aperture delle pietre, gli parrà di abitare le piaghe del Signore e di incontrare l’amato del suo cuore: “gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia” (Sal 34, 9).

 

Carissimi, “la Quaresima di quest’anno giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio” (Misericordiae Vultus, 17); “un tempo favorevole – dice il Papa nel suo Messaggio – per poter finalmente uscire dalla propria alienazione esistenziale grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia”. E aggiunge: “Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati, quelle spirituali – consigliare, insegnare, perdonare, ammonire, pregare – toccano più direttamente il nostro essere peccatori. Le opere corporali e quelle spirituali non vanno perciò mai separate. È infatti proprio toccando nel misero la carne di Gesù crocifisso che il peccatore può ricevere in dono la consapevolezza di essere egli stesso un povero mendicante”.

I poveri e i lebbrosi furono per Francesco la possibilità di conversione che Dio gli offriva! Francesco seppe cogliere quella possibilità e la sua vita fu trasformata! Dio gliela cambiò! Completamente! Aveva incontrato il suo “Lazzaro” e lo aveva… riconosciuto.

Ai frati in pianto – dice Tommaso da Celano – radunati attorno a lui per il suo transito Francesco disse: “Io ho fatto la mia parte; quanto spetta a voi, ve lo insegni Cristo”. Poi domandò che si cantasse! Come anche quel giorno quando…baciò il lebbroso!

Che sia così anche per noi!

Buona Quaresima di misericordia a tutti!

Che sia una Quaresima nella quale possiamo riconoscerci bisognosi di misericordia;

Che sia una Quaresima nella quale possiamo ricevere misericordia.

Che sia una Quaresima nella quale possiamo dare misericordia.