Lagnese: “Alla società civile chiediamo di fare di più! Lo chiediamo per la gente di Ischia. Sostenuti dall’esempio e dall’aiuto di San Giovan Giuseppe della Croce, siamo chiamati a dichiarare la nostra rinnovata volontà nell’impegnarci per la nostra santificazione personale ma anche nel servizio per il bene della nostra gente”.

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5 marzo 2015

Solennità di San Giovan Giuseppe della Croce

Omelia del Vescovo Pietro

 

Carissimi fratelli e sorelle,

nel cuore della Quaresima facciamo memoria dell’opera di Salvezza che si è compiuta in San Giovan Giuseppe della Croce.

Per questo ti ringrazierò e ti loderò, benedirò il nome del Signore (Sir 51,12). Così inizia la prima lettura di questa Messa nella solennità del nostro santo, patrono della nostra diocesi: ti ringrazierò e ti loderò, benedirò il nome del Signore!

Noi siamo qui per questo: per ringraziare, lodare e benedire il nome del Signore! L’Eucarestia è questo! Ogni volta che vi prendiamo parte, noi ci uniamo al rendimento di grazie di tutta la Chiesa per le grandi opere compiute dal Padre di ogni Misericordia nel Suo Figlio Gesù Cristo e, in modo speciale, lo magnifichiamo per la salvezza da Lui operata nel Suo Sangue.

Egli – come ci fa pregare la Chiesa – è la mano che Dio tende ai peccatori, la parola che ci salva, la via che ci guida alla pace. Con il sacrificio del suo Cristo, consegnato alla morte per noi, ci riconduce al suo amore, perché anche noi ci doniamo ai nostri fratelli (cfr. Preghiera Eucaristica II della Riconciliazione).

Cristo Gesù – ho scritto nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno – “con la sua morte e risurrezione ha ricostruito quell’immagine di Dio rovinata in noi dal peccato, facendoci rinascere, nello Spirito, ad una vita nuova! Questa opera della vita nuova, che consiste nel vivere nel Suo amore e nell’amare, non più schiavi del nostro egoismo, anche noi come Lui, iniziata con il Battesimo, non finisce mai!”.

La vita nuova che, nel Suo Figlio Gesù, il Padre offre a tutti noi, possiamo vederla già in atto in tanti nostri fratelli e sorelle che con la loro vita buona ci mostrano l’opera di Dio nella loro esistenza. Ma in modo mirabile ce la testimoniano i santi! Essi sono coloro che, chiamati a far parte del popolo che Dio si è acquistato, proclamano le opere ammirevoli di lui, che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa (cfr. 1Pt 2,9).

San Giovan Giuseppe della Croce è uno di questi! Un ischitano nato 361 anni fa nei pressi di questo Santuario a lui dedicato; un figlio di questa terra, uno di questo popolo, un ischitano come altri che seppe però rispondere con grande generosità alla chiamata alla santità che è di tutti.

Figlio di una famiglia agiata sentì che c’era una ricchezza più grande e fu sedotto dall’amore di Dio. A differenza dell’uomo di cui ci è detto oggi nel vangelo, che pure sentì il desiderio di cercare altro nella sua vita, ma che alla richiesta di Gesù “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni” (Mc 10, 22), il nostro santo, avendo sperimentato lo sguardo del Signore che “fissatolo lo amò”, non tentennò e, subito, lasciò ogni cosa, gli affetti, l’isola, i beni, per accogliere l’invito del Signore che gli diceva: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi” (Mc 10,21).

Quando ero ancora giovane, prima di viaggiare, ricercai assiduamente la sapienza: dice ancora il testo del Siracide (51, 13). Che cos’è questa Sapienza?

Questa sapienza è Cristo stesso! Per Lui e per la sublimità della sua conoscenza, il giovane Carlo Gaetano Calosirto considerò una perdita anche le cose che potevano essere ritenute un guadagno. Pur di guadagnare Cristo egli lasciò perdere ogni cosa, considerando tutto spazzatura! (cfr. Fil 3, 7-8). A 16 anni, nel 1670, un anno dopo l’incontro con i francescani spagnoli questuanti ad Ischia, lasciata l’Isola, era già novizio dei frati minori riformati da S. Pietro d’Alcantara.

Ma egli non solo accolse con generosità la chiamata del Signore ma mise tutto il suo impegno nel corrispondervi giorno dopo giorno.

Era consapevole di aver trovato nel Signore Gesù il tesoro nascosto e la perla preziosa e, perciò, si adoperò per non perdere Colui che aveva incontrato, avendo cura che il seme della grazia, accolto in lui, germogliasse come in un terreno fecondo. Sì, con il Siracide, anche il nostro santo potrebbe dire: “Sono stato zelante nel bene, non resterò confuso. La mia anima si è allenata in essa; fui diligente nel praticare la legge” (Sir 51,18-19).

San Giovan Giuseppe della Croce fu infatti persona determinata nel suo cammino di santità che visse senza tentennamenti e mollezze! Fu anzi esigente nel mettere in pratica il vangelo e rigoroso nell’osservare la regola della sua famiglia religiosa.

Questa cura che egli pose nel progredire nell’ideale di santità, si manifestò anche – e non potrebbe essere altrimenti! – in un interesse appassionato per le persone a lui affidate: giovani novizi, frati, figli spirituali, gente bisognosa del suo aiuto materiale e spirituale. Aveva, in particolare, a cuore le sorti di quanti si affidavano a lui come guida spirituale: con loro, senza mai essere accomodante, non rinunciò a proporre l’ideale evangelico, reso credibile dalla sua testimonianza di vita.

Anche per il popolo di Ischia, dal quale si allontanò per seguire il Cristo povero, casto e obbediente, sempre manifestò sentimenti di affetto e più volte, ad esso, proprio in nome di quell’affetto, non ebbe timore di far giungere i suoi paterni ma, allo stesso tempo, decisi ammonimenti.

“Mi è stato riferito da Fra Rufino che a Ischia vi sono delle tribolazioni. – così scriveva a suo fratello Tommaso Antonio il 15 aprile 1695 – Non mi fa meraviglia. Quando cova il fuoco in un luogo non può star molto tempo senza divampare. E piacesse a Dio che il fuoco d’Ischia fosse solo quello materiale e fosse causato soltanto dalle esalazioni sulfuree di cui abbonda”. E aggiungeva: “Poveri isolani, invece di pensare a sfruttare il fuoco del sottosuolo, vanno accendendo un fuoco d’altro genere che sprizza dall’infernale pietra focale dell’odio e viene alimentato dal vento della superbia. Se riflettessero ai loro antecessori e se considerassero un tantino gli incendi che patiscono e che patiranno, oh come cesserebbero di soffiare su quel fuoco e come si guarderebbero dagli scandali. Non v’è segno più certo d’essere destinato alla dannazione che fomentar questo vizio e al contrario, non v’è segno più certo di salvezza che ricambiare il male con il bene e amare di cuore chi ci odia”. L’amore per la sua isola e per i suoi concittadini lo portava a parlare così!

Carissimi fratelli e sorelle, nel messaggio per la Quaresima di quest’anno ho proposto come dimensione da mettere al centro dei nostri percorsi di formazione cristiana il valore della cura. E ho suggerito, proprio per questo tempo, l’importanza di esercitarci in essa ad un triplice livello, proponendo a tutti la Quaresima come occasione per riscoprire che Dio si prende cura di noi, per riscoprire che Dio ci chiede di prenderci cura di noi stessi e per riscoprire che Dio ci chiama a prenderci cura degli altri.

San Giovan Giuseppe della Croce ha vissuto in maniera tutta speciale tutti e tre gli aspetti della cura. Davvero egli fu l’uomo della cura! Con cura si lasciò lavorare dal Signore, con cura si adoperò per estirpare tutto ciò che poteva essere un pericolo nel suo cammino verso la santità, con cura si mise al servizio dei fratelli, sopratutto dei più poveri, annunciando loro il vangelo dell’amore di Dio e ammonendoli a non cedere ad un a vita ripiegata su loro stessi, per non diventare prede dell’egoismo e del peccato.

Anche noi siamo chiamati a fare lo stesso. Siamo invitati a prendere in mano la nostra vita mettendo da parte tutto ciò che la banalizza e l’impoverisce e a prenderci cura di chi vive accanto a noi abbattendo i muri dell’indifferenza e dell’apatia.

Siamo qui oggi insieme Chiesa locale e società civile di Ischia!

C’è il popolo di Dio che è in Ischia, con il suo pastore, il vescovo e con lui i suoi collaboratori, presbiteri e diaconi, i nostri fratelli e sorelle, religiosi e religiose e i fedeli laici. Ma sono presenti con noi, dinanzi all’altare del Signore, anche i rappresentanti dello Stato e coloro che amministrano la cosa pubblica, in primo luogo i signori sindaci e con loro tutte le altre autorità civili e militari.

Sostenuti dall’esempio e dall’aiuto di San Giovan Giuseppe della Croce, siamo chiamati anche noi a dichiarare la nostra rinnovata volontà nell’impegnarci per la nostra santificazione personale ma anche nel servizio per il bene della nostra gente, consapevoli che le due cose non possono essere disgiunte.

C’è tanto da fare! Come Chiesa di Ischia, sentiamo forte il bisogno di un rinnovato annuncio del vangelo che veda impegnati tutti noi cristiani in un cammino di conversione permanente e in una testimonianza più credibile di vita cristiana! C’è bisogno che prendiamo sul serio l’invito di Papa Francesco ad essere una “Chiesa in uscita” e ci scorciamo le maniche per un più forte impegno per quanti abitano questa isola o vi permangono per brevi periodi come turisti e per le cure termali.

C’è bisogno – scrivevo sempre nel messaggio quaresimale – che impariamo a “varcare la soglia che ci pone in relazione con il mondo che ci circonda, ed in modo particolare, con i poveri e i lontani per fare nostre le sofferenze della gente. Quante povertà anche in mezzo a noi, qui ad Ischia! Non possiamo rimanere indifferenti!”. Penso ai nostri giovani sempre più confusi e privi di punti di riferimento, penso alle piaghe delle dipendenze dal gioco e da sostanze stupefacenti, alla disgregazione familiare e alla crisi educativa ad essa collegata. Dice il Papa: «Quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!».

Anche alla società civile, dichiarando la nostra disponibilità a stabilire alleanze feconde, chiediamo però di fare di più! Chiediamo di fare di più per la gente di Ischia e per un territorio come il nostro, unico al mondo, ricco di tante bellezze ma anche tanto fragile, che perciò chiedono cura, impegno, passione, coraggio e determinazione.

Penso in questo momento ai tanti movimenti franosi che ci hanno visto testimoni inermi nei giorni scorsi e hanno causato un’altra vittima – speriamo l’ultima! – di un elenco già lungo e che potrebbe purtroppo ancora allungarsi se non si metterà mano ad una messa in sicurezza del nostro suolo. Penso all’annosa questione dell’abusivismo edilizio con lo spettro degli abbattimenti che ogni tanto ritorna; penso ai disagi che già vedono protagonisti tanti ischitani per i collegamenti con la terraferma non sempre efficienti e per le difficoltà relative alla diminuzione dei servizi pubblici nazionali, in primo luogo quello sanitario! Mentre noi siamo qui ancora oggi si discute se dismettere la SIR della nostra ASL NA2 Nord che attualmente ospita i malati di mente nello stabile di Villa Stefania! A rischio c’è, dopo quasi 20 anni, la loro permanenza sull’isola ma forse ci sono anche altri servizi ad esso collegati relativi alla salute mentale.

C’è poi il problema della mancanza di lavoro che, seppure in maniera più lieve, sta riguardando anche la nostra isola e la promozione di una migliore qualità del turismo che, se legato a quello della custodia del creato, potrebbe diventare ancora di più il vero volano dell’economia isolana e non solo!

Carissimi, confortati dalla testimonianza di San Giovan Giuseppe della Croce, nostro amico e modello e confidando nella sua intercessione, facciamo anche noi della nostra vita una lode al Signore e un dono per i nostri fratelli per condividere con il nostro santo la sua stessa corona di gloria! Come lui, dimentichi del passato e protesi in avanti, corriamo anche noi verso la meta, per raggiungere il premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (cfr. Fil 3, 13-14). Amen!

                                                                                                                         + Pietro, vescovo