7 ottobre 2015

Memoria della B. V. Maria del Rosario

Carissimo Carlo,

mi rivolgo a te in questa omelia della Messa nella quale stai per essere ordinato diacono!

Nel rivolgermi però a te, intendo parlare innanzitutto a me, ai presbiteri presenti, al collegio dei diaconi nel quale stai per entrare, ai seminaristi, ma anche a tutta l’Assemblea santa, qui convocata.

È bello aver scelto come giorno della tua ordinazione diaconale una memoria mariana e in particolare quella della B. V. del Rosario.

Maria ha vissuto come nessun altro la diaconia, il porsi al servizio del piano di Dio, di Gesù, del Regno, di Elisabetta, di Giovanni, della Chiesa: oggi la Parola di Dio ce la presenta proprio mentre sta con la Chiesa e nella Chiesa!

Ma soprattutto ce la presenta come la serva, la schiava del Signore: Eccomi!

Anche tu hai detto così!

Che nel tuo “Eccomi” ci siano, ogni giorno di più, i sentimenti di Maria!

Per te e per tutti noi vorrei questa sera sottolineare due espressioni della Parola di questa Liturgia; due espressioni incontrate nel brano degli Atti.

Il testo ci offre un quadro bellissimo di una Chiesa in movimento, agile; sono i primi passi dei discepoli del Risorto che, in attesa dello Spirito, si preparano a vivere una situazione nuova: partire per essere, ora che Gesù non è più presente fisicamente, loro stessi il Suo Corpo, il Sacramento di Gesù!

Gesù è, infatti, salito al cielo e ora toccherà a loro continuare la Sua opera o, meglio, permettere al Crocifisso-Risorto di agire in loro, per continuare la Sua opera nel mondo.

Luca ci offre alcune annotazioni geografiche che possono rappresentare per noi importanti punti di riferimento per un itinerario spirituale ed ecclesiale: veri e propri luoghi teologici!

Scesi dal monte gli apostoli tornano a Gerusalemme, così come il Signore aveva detto loro; Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi (At 1, 13).

Entrati in città… salirono nella stanza al piano superiore…:

La vita della Chiesa, di ogni ministro del vangelo, ma anche di ogni cristiano, sta tutta qui!

Si gioca tutta su questi due fuochi: la città e la stanza al piano superiore, la strada e il cenacolo.

Entrarono in città! Entrarono cioè lì dove il Signore li inviava; videro quello che sarebbe stato il loro campo d’azione, il luogo dove essi erano stati chiamati a recarsi per portare l’annuncio del Risorto: la bella notizia che Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito.

…Salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: dove, in qualche modo, abitavano…: quella stanza era diventata la loro casa, la casa della Chiesa…. Lì gli undici “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui” (At 1, 14).

Carissimi, questa sera, la Parola chiede a Carlo e a noi questa bilocazione! Sereni! Niente di straordinario: non sto parlando di esperienze mistiche, ma di una capacità che è propria della vita cristiana e, in special modo, del ministero ordinato, quando sia l’una che l’altro sono veri!

Anche noi siamo chiamati a “entrare in città”, a ritrovare la ragione d’essere del nostra vita cristiana, che – diceva don Tonino Bello – ricordando la Gaudium et Spes, «non è quella di estraniarsi dal mondo, ma di entrare nel suo tessuto connettivo, assumendone la storia e la geografia, le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce».

«Per essere evangelizzatori autentici – dice Papa Francesco – occorre … sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo» (EG 269).

Siamo perciò chiamati a domandare «il coraggio di “entrare nella città”, – dice sempre don Tonino – per portarle annunci di liberazione e di speranza, e per condividere con essa la fatica quotidiana nella ricerca del bene comune; il coraggio e la lealtà di non imboscarci allontanandoci dai luoghi dove ferve la mischia, di offrire a tutti il nostro servizio disinteressato, e di guardare con simpatia quel mondo nel quale nulla vi è di genuinamente umano che non debba trovare eco nel nostro cuore».

Carissimo Carlo, corriamo tutti il rischio di crearci zone di fuga, anche se a volte hanno il pretesto della spiritualità. Essere però fedeli a Dio significa saper restare dentro la storia, dentro la realtà, dentro l’umanità, abbracciando questo mondo, che profuma da sempre del Verbo: sì, di “Gesù di Nazaret, il quale “passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10,38).

«Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto»: così scriveva don Lorenzo Milani ai suoi ragazzi, mentre era a letto a causa di un terribile cancro che di lì a poco lo avrebbe portato alla morte.

Allo stesso tempo, però, a tutti noi, per non perdere la voglia di amare, per non cedere alla stanchezza e non vedere più il Suo Amore e non credere più che Lui ci ama e che vale la pena amare, nonostante tutto, è chiesto di ritornare alla “sala dell’amore”!

Perché non si spenga il fuoco che Lui ha messo in noi, bisogna salire alla stanza alta, al piano superiore e là riascoltare le sue Parole d’amore, poggiando il capo sul suo petto come Giovanni, ritornando alla sua vita, ai suoi gesti e alle sue parole: in fondo il rosario è fare questo: è meditare i misteri del Signore e farlo con Maria, con la fede della Madre che prega per noi, perché non venga meno lo sguardo della fede e della speranza…

E permettere a Lui di dire ancora: questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue; la mia Vita, data per voi, offerta per voi! Fate anche voi così, in memoria di me!

Il Signore ci dia di perseverare in quella sala; perseverare nella preghiera e nella comunione, gustando la bellezza di essere con Lui e con i fratelli e vivere la gioia di essere Chiesa!

Carissimo Carlo, Cristo è il vero diacono! Il diacono di tutti, secondo la celebre espressione di Policarpo: «omnium diaconus factus est» (Ad Phil., 5, 2, in Funk 1, 300, citato in LG 29).

E tu, anche tu, reso partecipe del Suo Spirito, sarai diacono!Ma transeunte o permanente?

Tranquillo, Carlo, il vescovo vuole ordinarti anche presbitero; o meglio il Signore vuole che tu sia anche presbitero; ancora un po’; un poco ancora e lo sarai! Che non sia una meta, però, ma una partenza…

Ma tu dovrai rimanere sempre diacono: i preti e i vescovi devono rimanere diaconi, altrimenti non saranno né buoni preti né buoni vescovi…

Forse il frutto più importante della reintroduzione del diaconato permanente come nella prassi della Chiesa antica, è stato fino ad ora proprio questo: aiutare la Chiesa a prendere coscienza che essa è la sposa di Colui che non venne per essere servito ma per servire (cfr. Mc 10, 45), e che, divenuto servo obbediente fino alla morte e alla morte di croce (cfr. Fil 2, 8), stette in mezzo a noi come colui che serve (cfr. Lc 22, 27).

Carissimo Carlo, ti auguro di essere con la tua vita una persona che sappia provocare domande.

Che la gente vedendo te, ciò che sarai, ciò che farai e dirai, possa sentire la voglia di domandarti: perché spendi la tua vita per noi?

E ti auguro di poter dire anche tu, come questa sera abbiamo ascoltato di Paolo nella seconda ai Corinti:

Affidandomi questo ministero, Dio mi ha accordato la misericordia…: riconosciti sempre così … oggetto della misericordia di Dio: Dio, chiamandoti al ministero, ordinato ti mostra misericordia perciò non mi perdo d’animo.

Io, infatti non annuncio me stesso, ma Cristo Gesù Signore: quanto a me, io sono il vostro servitore a causa di Gesù. Come è bella questa espressione: a causa di Gesù… per Jesum! Che anche tu possa dire: lo faccio grazie a Gesù e per Gesù!

Io però ho questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da me (cfr. 4, 1-2.5-7).

Carissimo Carlo, ti affido alla Vergine Maria, alla Serva del Signore; anzi alla Sposa! Pensando a Lei, per tutti noi, per me, e soprattutto per te, domando:

Non come un servo
Pure se buono e fedele
Vorrei servirti Signore
Come una sposa che vive
Per lo Sposo
Che non vede l’ora
Che ritorni a casa
Che per lui
E per i figli
E per la casa
Fa ogni cosa
E di più ancoraSenza fermarsi
Mai
Vorrei servirti così
Anche se tarda l’ora
In piedi ancora
Come una sposa
Tutta donata
Senz’altra attesa
Né altro in cuore
Ma per amore
Vorrei servirti
Così come una sposa
Maria.