Lorenzo Russo – KAIRE

Papa Francesco accoglie altri nove profughi siriani in Vaticano. Il vescovo di Ischia Pietro Lagnese in contemporanea sostiene il progetto dei corridoi umanitari accogliendo 5 siriani vittime di persecuzioni cristiane

La misericordia non si predica, si pratica. Ed è quello che il Papa sta facendo, dando un buon esempio. E insieme al Santo Padre, anche il nostro Vescovo Pietro dà un ottimo esempio accogliendo la famiglia siriana vittima di persecuzioni cristiane nel loro paese.

Dopo le tre famiglie di profughi che ad aprile Bergoglio volle portare in Italia sul volo papale di ritorno da Lesbo, la settimana scorsa Francesco ha scelto di accogliere altri nove profughi siriani, arrivati attraverso il progetto dei corridoi umanitari insieme anche alla famiglia siriana ospite a Ischia. Il nuovo gruppo di ospiti del Vaticano, tra cui ci sono anche due cristiani, è arrivato proprio da Lesbo, dal campo d’accoglienza di Kara Tepe, dove i profughi erano giunti attraversando la Turchia.

Sei adulti e tre bambini, alla cui gestione penserà la comunità di Sant’Egidio insieme alla Gendarmeria vaticana.

«Siamo felici di poter ospitare e favorire l’integrazione anche del secondo gruppo di profughi», fa sapere la comunità trasteverina, ricordando che ciò dimostra come «non i muri, ma l’accoglienza e l’inclusione sono la vera anima dell’Europa».

Un’immagine di accoglienza non diversa è quella che stiamo vivendo sulla nostra isola in questi giorni grazie alla presenza della famiglia Kababji composta da padre, madre e tre figli. Una famiglia cattolica che scappa dalle persecuzioni cristiane nella loro terra. Padre Pietro ha fortemente voluto che la diocesi sia una porta aperta, un campo accogliente, un esempio concreto e caritatevole di Chiesa in uscita.

E la carità è a portata di tutti.

Questa notizia non è rimasta inosservata. Vari media nazionali hanno voluto raccontare l’esempio della Chiesa di Ischia, perché è quell’ “ospedale da campo” che sta tanto a cuore al Papa. E’ la Chiesa povera fra i poveri, fra gli ultimi, i perseguitati.

Per questo in un video messaggio realizzato per l’avvio della campagna di Aiuto alla Chiesa che soffre Be God’ s Mercy (Sii la misericordia di Dio) e diffuso qualche giorno fa, papa Francesco ha esortato «tutti gli uomini e le donne di buona volontà di tutto il mondo a realizzare in ogni città, in ogni diocesi, in ogni associazione, un’opera di misericordia». Non bisogna infatti avere «paura della misericordia», anzi, «è la carezza di Dio». L’uomo ha bisogno della misericordia di Dio, ma occorre anche misericordia reciproca. Ed è proprio l’esperienza di tanti nostri volontari e tante famiglie che ogni giorno, attraverso la Caritas diocesana, la pastorale familiare e le parrocchie isolane, si adoperano per dare una mano non solo alla famiglia siriana, ma a tutte quelle persone – ischitane e non – che girano intorno al centro Caritas diocesano G.P.II di Forio e intorno le nostre realtà parrocchiali.

Ecco perché dobbiamo «tenderci la mano – continua il Pontefice – accarezzarci, prenderci cura l’uno dell’altro e non fare così tante guerre».

E per guerre si intendono anche quelle familiari o problemi con il vicinato, che generano poi tante inutili cause civili o litigi familiari.