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S. Restituta

[dropcap style=”normal or inverse or boxed”]S[/dropcap]econdo le fonti, due furono i motivi alla base della persecuzione contro i cristiani nei primi secoli dopo Cristo. Da un lato la difesa dell’ordine pubblico, dall’altro l’accusa di lesa maestà e sacrilegio.  Dall’estate del 64, anno in cui Nerone accusò i Cristiani di essere i responsabili dell’incendio di Roma, fino a Traiano, anno 251, iseguaci di Cristo venivano condannati nei tribunali romani per il solo fatto di essere Cristiani e veniva loro richiesto di abiurare la loro fede e di rendere culto agli dei e non all’imperatore. Con gli editti di Valeriano del 257 e del 258, i Cristiani venivano colpiti non come singoli, ma come associazione, come chiesa; fu fatto loro divieto di riunirsi e celebrare il culto a Cristo. Gli editti persecutori di Diocleziano del 303 – 304 ordinavano di abbattere le chiese, si proibiva il possesso delle Sacre Scritture e si vietavano le riunioni dei fedeli. Ed è in questo periodo che Restituta e i suoi compagni furono condannati.

Restituta e i suoi compagni vivevano in una cittadina di nome Abitina, non lontana da Cartagine. Nonostante il divieto imperiale di rendere il culto a Gesù Cristo, continuavano a radunarsi nella casa di Ottavio Felice per celebrare il dominicum, ossia il rito eucaristico, presieduto dal presbitero Saturnino. Erano circa cinquanta, fra cui Restituta.  Ma furono scoperti e subirono il primo interrogatorio ad Abitina, per poi essere incatenati e trasferiti a Cartagine per subire il processo per mano del proconsole Anulino. Fu prima interrogato il decurione Dativo, che confessò di aver partecipato alla riunione dei cristiani, ma non fece il nome di colui che presiedeva alla celebrazione. Un altro imputato, Telico, fece il nome di Saturnino, che fu condotto al proconsole e si addossò la responsabilità della celebrazione. Fu poi la volta di Emerito, che durante il processo disse la celebre frase sine dominico vivere non possumus (senza il dominicum non possiamo vivere). Uno a uno i partecipanti al rito religioso furono interrogati e torturati.

Restituta era originaria dell’antica città di Hippo-Diarrhutus, l’odierna Biserta. Ricevette la formazione cristiana alla scuola del santo vescovo di Cartagine. Durante l’interrogatorio, le fu chiesto di abiurare, ma lei rispose «Mi chiamo Restituta, adoro nel mio spirito quel Dio che ha creato il cielo e la terra. Anch’io posseggo le Sacre Scritture e ho partecipato alla riunione del dominicum». Irritato dalla sua risposta, il proconsole la fece fustigare e rinchiudere in cella, dove ricevette la visita di un angelo del Signore, che la confortò e la incoraggiò. Il giorno dopo, Restituta confermò ancora una volta la sua fede in Dio, e il proconsole la condannò ad essere straziata da unghie di ferro dai suoi carnefici. Visto che non otteneva il risultato sperato, il proconsole la accusò di sacrilegio e la condannò a bruciare su una barca carica di stoppa e intrisa di pece e resina. Giunti in alto mare, fu appiccato il fuoco alla barca dove giaceva Restituta ma il fuoco si ritorse contro la barca dei carnefici che bruciò. Restituta, vedendo la potenza di Dio, si sciolse in un canto di ringraziamento e rese lo spirito.

La tradizione vuole che il corpo della martire sia stato trasportato fino all’isola d’Ischia nella località denominata “Le Ripe”. Qui il corpo fu accolto da una pia donna di nome Lucina avvertita da un angelo del Signore.

Unto di aromi il corpo della santa in segno di venerazione, Lucina raduna il popolo di Dio che seppellisce il corpo della vergine Restitua nel luogo detto Eraclius, dove per i meriti e le virtù di Restituta i fedeli ottengono da Dio molte grazie.In questo luogo già noto ai Romani, alle falde del monte Vico, sono conservati i resti di una Basilica paleocristiana  dotata di sedile per i presbiteri (tronon), di un cimitero pagano cristiano e di una sala del Battistero per immersione posta sul lato sinistro.Qui sono sepolti i cristiani che si radunavano per celebrare il rito eucaristico, il dominicum. Da esami effettuati sui reperti archelogici si è rilevato che un triste evento si è abbattuto sull’intera area sacra. Molto probabilmente si tratta di un’azione ad opera dei Mauri che nell’anno 812 giunsero sull’isola d’Ischia con quaranta navi portando distruzione e morte. Tuttavia i fedeli non si persero d’animo e verso la fine dell’anno mille il Conte Marino fece costruire un nuovo oratorio in onore di santa Restituta nell’angolo destro della basilica paleocristiana e dispone che nella chiesa del monastero di S.Maria, sita sul monte Cimmiento, venga posto un dipinto con le immagini di Gesù Cristo, della Vergine Maria, di S. Benedetto, di S.Restituta e S.Janna. Oggi il complesso sacro di Santa Restituta si è ingrandito: vanta un Museo Diocesano e una vasta area archeologica aperta tutti i giorni ai visitatori. Il Calendario Marmoreo di Napoli fissa al 17 di Maggio la festa liturgica del dies natalis S.Restituta. Verso la metà del IX secolo il culto della santa si era già diffuso nella città di Napoli. La Basilica eretta dall’imperatore Costantino nel quarto secolo portava già il titolo di S. Restituta.
La traslazione delle reliquie della santa da Ischia alla basilica costantiniana accese una vasta devozione tra i fedeli della città partenopea. Nel decimo secolo fu composta la Passio S. Restituae da Pietro Suddiacono. Il calendario Tutiniano, alla fine del dodicesimo secolo, ha in rosso, al 17 maggio,Sancte Restituite virginis et martyris; un affresco del secolo XIII-XIV posto in una cappella congiunta con la crociera della cattedrale, rappresentava la Vergine Maria, al centro, con S. Gennaro e S. Patrocinia a sinistra e S. Marciano e S.Restituta a destra. A decorare l’abside della capella di S.Maria del Principio, nella basilica di S.Restituta, fu posto il mosaico di Lello Fiorentino (1313): la Vergine in trono, S. Gennaro a destra e S.Restituta a sinistra. Nei secoli seguenti molte altre sono state le opere artistiche dedicate alla santa.