Mercoledì 7 ottobre, memoria della Beata Vergine Maria del Rosario, Carlo Pietro Mazzella, già accolito dallo scorso febbraio, è stato ordinato Diacono.
“La chiesa è la sposa di colui che è venuto non per essere servito ma per servire!” le parole incisive con cui Padre Pietro ha descritto la vocazione al Diaconato.
La Chiesa Cattedrale di Ischia, nel cuore di Ischia Ponte, parrocchia di adozione di Carlo da più di due anni, era stracolma, e la comunità ha partecipato con grande commozione a una celebrazione che tutti hanno riconosciuto essere veramente importante e solenne.
Il coro parrocchiale, si è riunito per settimane, per provare i canti desiderati da Carlo, quasi tutti i presbiteri hanno partecipato all’ordinazione, riconoscendo doverosa la loro presenza in un giorno così festoso per la nostra Chiesa di Ischia.
Padre Franco Beneduce, il padre gesuita rettore del seminario di Posillipo, che negli ultimi anni ha curato la formazione del nostro Carlo, ha speso per lui parole di affetto, ricordando il suo animo generoso e la sua voglia di fare, e ricordandogli di mettersi sempre al servizio della comunità.
Dopo la presentazione del candidato e l’imposizione delle mani, si è svolta la vestizione, in cui Carlo ha ricevuto la Stola e la Dalmatica e in seguito il Vangelo, segni del servizio Diaconale. Al termine il bellissimo abbraccio con Padre Pietro colmo di tenerezza e raccomandazioni.
Nell’omelia il Vescovo si è rivolto a Carlo, ma ha voluto precisare che si riferiva in primo luogo a se stesso e a tutti i presbiteri, augurandosi che quell’ “eccomi” pronunciato poco prima da Carlo, e anni fa da ogni sacerdote e diacono, possa riflettere sempre più l’“eccomi” di Maria, nel momento più alto del suo Sì a Dio, nel Vangelo dell’Annunciazione, scelto ad hoc per la celebrazione.
Padre Pietro ha spiegato che la vita di ogni cristiano si gioca tutta su questi luoghi: la città, il campo di azione dove Dio ci manda a portare la bella Notizia, e la “stanza al piano superiore”, la casa della Chiesa, dove gli 11 erano concordi e perseveranti nella preghiera.
Il Vescovo ha ricordato che Dio, attraverso questa Parola, chiede a Carlo e a noi questa “bilocazione” non come esperienza mistica ma come capacità propria del cristiano, in special modo del ministero ordinato, (quando queste vocazioni sono vere).
“Anche noi siamo chiamati a “entrare in città”, – ha affermato il Vescovo – a ritrovare la ragione d’essere della nostra vita cristiana, che, diceva don Tonino Bello, ricordando la Gaudium et Spes (1), “non è quella di estraniarsi dal mondo, ma di entrare nel suo tessuto connettivo, assumendone la storia e la geografia, le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce”.
“Carissimo Carlo, – ha continuato Lagnese – corriamo tutti il rischio di crearci zone di fuga, anche se a volte hanno il pretesto della spiritualità. Essere però fedeli a Dio significa saper restare dentro la storia, dentro la realtà, dentro l’umanità, abbracciando questo mondo, che profuma da sempre del Verbo: sì, di “Gesù di Nazaret”.
E per non cedere alla stanchezza, bisogna salire alla “stanza superiore”, alla stanza dell’Amore, e riascoltare le Sue parole, ritornando alla Sua vita e alla Sua Parola, e come ci ricorda la memoria della Beata Vergine, pregare il rosario rivolgendosi a Maria.
“Carlo, reso partecipe del Suo Spirito, sarai diacono! Ma transeunte o permanente? –gli ha ribadito Lagnese – Tranquillo Carlo, il vescovo vuole ordinarti anche presbitero; o meglio il Signore vuole che tu sia anche presbitero; ancora un po’; un poco ancora e lo sarai! Che non sia una meta, però, ma una partenza… Ma tu dovrai rimanere sempre diacono: i preti e i vescovi devono rimanere diaconi, altrimenti non saranno né buoni preti né buoni vescovi… Forse il frutto più importante della reintroduzione del Diaconato Permanente come nella prassi della Chiesa antica, è proprio questo: aiutare la Chiesa a prendere coscienza che essa è la sposa di Colui che non venne per essere servito ma per servire, e che divenuto servo obbediente fino alla morte e alla morte di croce, stette in mezzo a noi come colui che serve…
Carissimo Carlo, ti auguro di essere con la tua vita una persona che sappia provocare domande. Che la gente vedendo te, ciò che sarai, ciò che farai e dirai, possa sentire la voglia di domandarti: perché spendi la tua vita per noi”?
Al termine della celebrazione eucaristica, la comunità ha festeggiato insieme a Carlo nel cortile del seminario, in un momento di gioia organizzato dalla parrocchia che lo ha visto crescere negli ultimi anni, un momento dove ognuno offerto il suo impegno per servire e allietare la serata del fratello, in pieno “stile” con il servizio del Diacono!
di Silvia Pugliese
Foto di Andrea Di Massa e Andrea Miniello