5 marzo 2017
Dies natalis di San Giovan Giuseppe della Croce
Omelia del vescovo Pietro
I Domenica di Quaresima – Anno A
«Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto». (Mt 4,1)
E «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto». Così ascoltiamo oggi dal Vangelo di Matteo in questa I domenica di Quaresima. Con Gesù anche noi siamo condotti dallo Spirito nel deserto. Il tempo della Quaresima è il tempo del deserto; il tempo nel quale Dio ci chiama ad entrare perché possiamo metterci nella verità e rispondere alle domande: chi sono io? Dove sto andando? Dov’è la vita? Cos’è la morte?
E così conoscerci e capire, perché non ci accada di dover dire alla fine della nostra vita: abbiamo sbagliato tutto!
Pensa come se stessi morendo: le ceneri di mercoledì scorso in qualche modo ce lo hanno detto…
poi un giorno accadrà veramente…
Ad alcuni la Quaresima potrebbe sembrare un tempo per persone devote, che amano le cose spirituali, che hanno un po’ la testa tra le nuvole e vivono di fatto staccati dai problemi concreti di tutti i giorni.
Ma forse è proprio il contrario. Questo è un tempo molto concreto, un tempo serio, che ci vuole riportare alla concretezza della nostra esistenza, che vuole aiutarci ad uscire dall’inganno, da ciò che ci uccide e rischia di rovinare la nostra vita, l’unica che abbiamo.
Ci sono momenti, a volte nella vita, nei quali tu ti trovi a fare i conti con la tua fragilità e sperimenti tutta la tua solitudine: ti accorgi che tutto ciò che hai, il ruolo che svolgi, la stima che ti sei conquistato non servono più a niente perché semmai sei malato, sei stato abbandonato o stai vivendo una situazione di precarietà… Quello è il deserto. Quella è una Quaresima. Dio la sta permettendo; te ne sta facendo dono, ma tu quel dono non lo vorresti! Dio però così ti sta visitando, perché vuole che tu esca dall’inganno; che risorga dalle tue false sicurezze.
Passiamo tutta l’esistenza a rincorrere chimere, credendo che la vita sia nelle cose, nel denaro, nel possesso, nel dominio, pensando che la vita stia chissà dove e non ci rendiamo conto che è tutto un inganno.
Anche noi, che nella Chiesa, nella società, nelle istituzioni svolgiamo un ruolo, che abbiamo un’autorità, forse più degli altri corriamo questo rischio. Penso in questo momento – ma mi ci metto io per primo – agli uomini della politica e, in particolare, ai nostri amministratori e a quanti, a vario titolo hanno una particolare responsabilità. La vita dipende dal successo che avrai? Dalla scala sociale che salirai? La vita dipende da ciò che diventerai? Se diventerò parroco, se diventerò vescovo, se sarò eletto, se diventerò sindaco.
Il tempo di Quaresima è il tempo nel quale siamo posti dinanzi alla morte: ricordati che sei polvere.
Abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr. Gn 2,7-9; 3,1-7), la storia dell’uomo che dice sì alla seduzione del Maligno ed entra così nel peccato. Non è una favola e neppure una storia passata, avvenuta chissà quanti secoli fa. È una sintesi teologica. È la storia nostra; la storia di ognuno di noi. È la storia di qualcosa che succede sempre.
È la storia di chi, ad un certo punto, ha incominciato a non accettare la propria creaturalità, a credere che per essere felici, il limite – qualunque limite – debba essere superato, e ha iniziato a dubitare di Dio, a credere di poter essere lui il dio della sua vita: “…sareste come Dio…” e si è trovato così ad entrare nella morte. E più sta nella morte, più, nel patetico tentativo di sfuggirla, entra nel peccato; e così ne diventa prigioniero.
Gesù è, al contrario Colui che non accetta la seduzione del Menzognero, che non cade nella trappola del signore della Morte e gli dice: “no, non mi convinci, non m’imbrogli”…
Il Maligno vuole insinuare in Lui la Menzogna per eccellenza: Dio non ti ama; tu sei solo; sei destinato alla morte; Dio non è tuo Padre. Per questo nel parlare a Gesù, inizia subito dicendogli: “Se sei figlio di Dio…” come a dire: sei proprio sicuro di essere figlio di Dio?
Ma Gesù non accetta la predica del Maligno e risponde, fermo, deciso, aggrappandosi alla Parola di Dio. Per tre volte risponde dicendo: “Sta scritto, sta scritto, sta scritto”. E dal combattimento esce vittorioso, libero.
Forte ascoltatore della Parola di Dio, Gesù combatte satana che gli propone strade alternative e lo vince, sperimentando così la Vita; la Vita che viene da Dio che ci ama e vuole donarcela in abbondanza: “ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano”.
Carissimi, a chi somigliamo noi?
Somigliamo certamente all’Adamo della Genesi! Ma Dio da figli di Adamo ci chiama a diventare figli suoi, figli di Dio, figli che somiglino al Figlio di Dio Gesù.
Per questo ci è data la Quaresima. Il cammino Quaresimale incomincia mostrandoci il Modello per eccellenza – Gesù – perché Dio intende manifestarci la meta alla quale desidera condurci.
E Dio ci dice: ti senti come Adamo, schiavo delle tue idolatrie, incapace di accettare le tue nudità, la tua creaturalità? Prigioniero della morte e perciò incapace di amare? Io posso farti uscire da questa situazione. Tu dici: ma io non ce la faccio; non ci riesco; con il Maligno sono perdente! Non riesco a competere con lui! Ma Dio di nuovo ti mostra Suo Figlio e ti dice: ha combattuto per te e ha vinto! Lui può darti una vita nuova! Può darti uno Spirito nuovo! Il Suo Spirito!
C’è lo ha detto oggi l’Apostolo Paolo nella Lettera ai Romani (cfr. 5, 12-19). «Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo».
E Sant’Agostino aggiunge: «Cristo fu certamente tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato tu. Tua infatti era la carne che Cristo aveva presa perché tu avessi da lui la salvezza. Egli aveva preso per sé la morte, che era tua, per donare a te la vita; da te egli aveva preso su di sé le umiliazioni perché tu avessi da lui la gloria. Così, egli prese da te e fece sua la tentazione, affinché per suo dono tu ne riportassi vittoria. Se in lui noi siamo tentati, in lui noi vinciamo il diavolo. Ti preoccupi perché Cristo sia stato tentato, e non consideri che egli ha vinto? In lui fosti tu ad essere tentato, in lui tu riporti vittoria. Riconoscilo! Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato» (Commento Sui Salmi – Salmo 60, 2-3; CCL 39,766).
Ecco allora il senso della Quaresima! Condurci alla Pasqua!
Dicevo nell’omelia della Messa delle Ceneri celebrata con i nostri presbiteri: «Ci è data dunque la possibilità di ricominciare, di voltare pagina, di vivere un nuovo inizio. Ecco il senso di questo tempo. (…) Vorrei, carissimi, che sentissimo tutti il desiderio di uscire dall’inverno spirituale del nostro peccato e ognuno di noi avvertisse la nostalgia di una nuova primavera dello Spirito, voglia di rinascere e di sperimentare che c’è data la possibilità di cambiare, di compiere un cammino di libertà e di resurrezione ed accogliere con gioia il vangelo della Pasqua».
I santi hanno fatto diventare realtà quel desiderio. Essi sono persone intelligenti, scaltre, non ingannate, persone illuminate, persone che ci hanno visto bene nella vita; i santi sono persone che hanno permesso al Signore Gesù di condurli alla Pasqua.
San Giovan Giuseppe della Croce è stato uno di questi: ha vissuto la vita come un combattimento. Nella sua vita egli ha detto al Maligno: “no! Non è vero! Non ti ascolto!” E ce l’ha fatta! Non sarà stato facile neppure per lui, ma ce l’ha fatta, aggrappandosi alla Croce di Cristo. Ce l’ha fatta nutrendosi della Parola di Dio e accogliendo con umiltà le armi della preghiera, della penitenza e del digiuno.
Chissà quante volte avrà sentito anche lui la tentazione di tornare indietro.
Carissimi diceva Papa Francesco mercoledì scorso nella Messa delle Ceneri: «Quaresima è il tempo per domandarci: dove saremmo senza l’aiuto di tanti volti silenziosi che in mille modi ci hanno teso la mano e con azioni molto concrete ci hanno ridato speranza e ci hanno aiutato a ricominciare?».
Leggendo le parole del Papa, mi dicevo: è proprio così. Dove saremmo noi senza l’aiuto di tanti che ci hanno ridato speranza e ci hanno aiutato a ricominciare?
Dove saremmo noi senza l’aiuto di Maria e dei santi. Essi, che la liturgia chiama amici e modelli, rappresentano per noi la speranza che la nostra vita possa essere diversa, altra, anzi, alta. E perché ciò si realizzi intercedono per noi.
E allora noi pure qui ad Ischia possiamo dire: dove saremmo noi senza l’aiuto di San Giovan Giuseppe della Croce? Senza la sua testimonianza di uomo libero ed esigente, prima di tutto con se stesso? Come sarebbe Ischia senza di lui?
Per quante persone, in questi circa tre secoli che ci separano dal suo transito, egli è stato punto di riferimento!
Quanti, guardando a lui, hanno trovato la forza di andare avanti, di tornare a Dio, di rimettersi, semmai dopo una caduta, sulle vie del Vangelo, sulle vie del bene? Quanti a lui si sono rivolti e hanno trovato per vivere la croce, la sofferenza, la malattia, accettare il fallimento, la morte?
Carissimi, affidiamo a San Giovan Giuseppe la nostra Chiesa di Ischia e la nostra Isola.
Chiediamo la sua intercessione perché come lui sappiamo essere un segno per tanti nostri fratelli e sorelle.
Preghiamo per la città di Ischia nella quale egli abitò per quindici anni e di cui oggi è patrono.
Carissimi, abbiamo bisogno di testimoni, di punti di riferimento.
Chiediamo al Signore che per sua intercessione ce ne siano sempre di più sull’Isola e domandiamo, anche per noi, la grazia di esserlo.
Lo diventi innanzitutto il vostro vescovo: chiamato a presiedere in questo tempo la Chiesa di Ischia, riconosco infatti tutta la mia inadeguatezza e povertà.
Lo siano sempre di più i nostri presbiteri e i cristiani della nostra Chiesa.
«La Quaresima è il tempo di dire no; no all’asfissia di una preghiera che ci tranquillizzi la coscienza, di un’elemosina che ci lasci soddisfatti, di un digiuno che ci faccia sentire a posto. Quaresima è il tempo di dire no all’asfissia che nasce da intimismi che escludono, che vogliono arrivare a Dio scansando le piaghe di Cristo presenti nelle piaghe dei suoi fratelli: quelle spiritualità che riducono la fede a culture di ghetto e di esclusione».
Diventino sempre più punti di riferimento per la nostra Isola i genitori e quanti a vario titolo svolgono un’opera educativa: penso al mondo della scuola, della cultura, dello sport, agli operatori della comunicazione e tutti coloro che svolgono un ruolo di forte impatto sociale.
Diventino sempre più punti di riferimento, testimoni credibili, di servizio alla gente, di desiderio sincero di lavorare per il bene comune della nostra Isola, coloro che amministrano o desiderano amministrare la cosa pubblica e quanti sono impegnati a vario livello per lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio.
Sappiano mettere in capo alla loro agenda gli interessi concreti della nostra gente, mostrando così che la politica è la forma più alta della carità, come amava ripetere il beato Paolo VI.
Sappiano segnare con le loro scelte politiche percorsi significativi per un modello diverso di sviluppo, per aiutare la nostra gente a comprendere che uno sviluppo vero, anche qui ad Ischia, deve fare i conti con i grandi valori della dignità della persona e, perciò, con i suoi diritti inalienabili: in primis quello alla salute, tanto mortificato in questo momento sulla nostra Isola; per poi passare a quello del lavoro, alla sicurezza, il diritto ad abitare un’Isola che per la sua bellezza è unica al mondo e che merita di essere custodita, perché sia per noi e per quanti la visitano – circa 4 milioni di presenze in un anno – modello di integrazione e di vivibilità.
Sappiano rifuggire i nostri politici la logica dello scontro e del compromesso e accettino la sfida a mettersi a lavorare insieme.
«Quaresima è il tempo per dire no. No all’asfissia dello spirito per l’inquinamento causato dall’indifferenza, dalla trascuratezza di pensare che la vita dell’altro non mi riguarda; per ogni tentativo di banalizzare la vita, specialmente quella di coloro che portano nella propria carne il peso di tanta superficialità. La Quaresima vuole dire no all’inquinamento intossicante delle parole vuote e senza senso, della critica rozza e veloce, delle analisi semplicistiche che non riescono ad abbracciare la complessità dei problemi umani, specialmente i problemi di quanti maggiormente soffrono».
Lo chiediamo al Signore per intercessione di Maria e di San Giovan Giuseppe della Croce. Amen.