Il culto alla Madonna della Mercede, considerata dagli abitanti di Fontana come loro Madre e alla quale sono legatissimi, è antico quasi quanto la parrocchia, che quest’anno festeggia i 650 anni dalla sua fondazione, nel 1364 (anno in cui il Vescovo di Ischia Mons. Bartolomeo Bussolario, originario di Pavia, costretto dalle ingiustizie e dai soprusi perpetrati all’interno della Chiesa dilaniata dallo Scisma d’Occidente, si stabilì nell’Eremo di S. Andrea di Noja. Mons. Bussolario consacrò la chiesa parrocchiale di Fontana, che venne detta “ La Sacra” e che dopo la cattedrale del castello, è considerata la più antica parrocchia della diocesi).
Secolo dopo secolo le voci del popolo di Fontana si sono unite all’unisono nella preghiera alla dolcissima Madre, liberatrice da ogni schiavitù: migliaia di labbra imploranti che nella novena di settembre hanno alzato e alzano la loro voce al cielo per essere esaudite. Le parole delle preghiere fanno intravedere scorci di un passato che è tuttora presente: le schiavitù morali e fisiche, le catene che oggi ancora, come 650 anni fa, imprigionano l’umanità. Così sprazzi di storia appaiono a chi le prega: i cristiani rapiti e deportati dai pirati musulmani che scorrazzavano nei nostri mari uccidendo, saccheggiando e devastando i territori dove sbarcavano, compresa la nostra isola; il dolore dei cristiani deportati in luoghi lontani, costretti a lavori forzati e torture; la Madre che ascolta il lamento dei suoi figli e nella notte fra il primo e il 2 agosto appare a Pietro Nolasco, Raimondo di Peñafort e a Re Giacomo d’Aragona chiedendo loro di fondare un nuovo ordine religioso per la liberazione degli schiavi offrendo una “mercede”, un riscatto e, se ciò non bastasse, la loro stessa vita. Ancora la gioia di tante liberazioni ma anche la sorpresa di vedere tante conversioni fra coloro che non credevano in Cristo.
Chissà se fu proprio una liberazione, un riscatto operato dai mercedari, a liberare il giovane prigioniero in catene legato al polso della statua della Vergine della Mercede in Fontana, per il quale prega una donna, forse moglie, o madre o sorella, mentre su di loro si posa lo sguardo di Maria. In ogni caso come il culto sia arrivato a Fontana non è tanto significativo quanto il fatto che il paese, posto nella parte più alta dell’isola, fa ora da parafulmine all’isola intera contro i pericoli e le devastazioni che vengono dal mare e non solo.
Antico ma sempre attuale, dunque, il culto alla Madonna della Mercede. E’ lei che oggi ci aiuta a spezzare le catene che ci tengono prigionieri, certo in modo diverso rispetto al passato, ma sicuramente più subdolo, perché non ce ne rendiamo conto. Oggi siamo incapaci di liberarci di quel fardello che ci viene imposto dalla società in cui viviamo, dell’obbligo dell’omologazione l’uno all’altro, delle mode, dei “must have”, delle mille altre cose che ci legano. Ma lei viene in nostro aiuto e, se lo vogliamo, ci libera.
Ecco il motivo della profonda devozione che lega i fontanesi alla loro Madre, devozione che viene espressa esteriormente nella grande festa di agosto, con la solenne processione, la musica, i fuochi e, se così si può dire, “interiormente”, nella festa liturgica del 24 settembre, preceduta dalla bellissima novena di preghiera.
Il 24 settembre è anche il giorno dedicato al Sacramento della Cresima. Anche quest’anno la parrocchia ha vissuto la sua festa liturgica nel modo più solenne ma nello stesso tempo più interiore, iniziando con la Messa di mezzanotte, in cui tutte le realtà in qualche modo legate al carisma mercedario aprono in modo “intimo” i solenni festeggiamenti, le Sante Messe del giorno, in particolare quella delle 11.30 e quella della sera.
Una chiesa gremita di fedeli ha accolto il Pastore, il Vescovo Pietro Lagnese, venuto a confermare la fede di 15 giovani. Nel suo saluto il parroco, don Giovanni Trofa, ha preso spunto dalle parole della lettera pastorale di Mons. Pietro Lagnese: “desidero chiedere ad ogni figlio della Chiesa di Ischia, e in modo speciale a tutti i sacerdoti, ministri di comunione e primi collaboratori del Vescovo, una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa”. “La nostra comunità”, ha ribadito, “è una comunità che accoglie il suo Pastore con grande e filiale gioia, con la consapevolezza che il Vescovo è il successore degli Apostoli e che non c’è Chiesa senza di lui: maestro, padre, guida e principio di unità nella Diocesi. E’ con questa coscienza e con questo spirito che guardiamo a lei, che ci rende presente Cristo, buon pastore. Lei ci ami e ci porti nel cuore, perché noi abbiamo dato la vita per il Signore”. Ha ricordato poi il Vescovo De Laurentis che scriveva: “ogni 24 settembre ci portiamo in quel di Fontana lasciando al nostro Vicario generale ogni incombenza. Soprattutto lo chiedono i seminaristi per assaggiare la dolcezza dell’uva e dei fichi” per dimostrare l’accoglienza e la generosità di Fontana verso il suo Pastore. “A Fontana troverà sempre la porta aperta nei nostri cuori. Cuori generosi che hanno fatto dono alla statua lignea di oro e ornamenti che sono segni dell’amore del popolo, non di superbia né di vanità; che hanno ridonato alla Madonna la corona d’oro che le fu rubata dopo che, nel 1920, l’8 settembre, l’allora parroco don Alfonso Mattera e il popolo gliene avevano fatto dono con enormi sacrifici”. Ha poi concluso augurando al Vescovo un cammino sorretto e accompagnato da Maria e dalla preghiera del popolo cristiano.
Il Vescovo nella sua omelia ha sottolineato come la festa della Madonna della Mercede ci può essere di grande aiuto per capire il mistero di Cristo, di Maria e della Chiesa aiutandoci ad essere “liberi e liberatori”. “Il cristiano”, ha spiegato il Vescovo, “è un uomo che prima era nelle tenebre, nella schiavitù, poi ha incontrato il Signore che gli ha fatto dono della libertà. Il peccato ci rende schiavi e quando si è schiavi si è nella tristezza, non si è nella pace, non nella gioia, si è nella sofferenza. Ma il Signore Gesù è venuto sulla terra per liberarci, per rompere queste catene, per fare in modo che ogni creatura possa diventare una persona libera. Dio per noi ha dato suo Figlio.
La Madonna della Mercede da cui viene la liberazione da ogni schiavitù, dalle catene che ci tengono prigionieri, è colei che ha le catene in mano, quelle catene che sono state spezzate per mezzo del frutto del suo grembo che viene da Dio.
Anche la Chiesa è, come la Madonna, colei che ci custodisce, ci raccoglie sotto il suo manto. L’iconografia della Madonna della Mercede la rappresenta con un grande mantello aperto, un inviolabile manto regale, sotto il quale siamo chiamati a raccoglierci tutti”.
Dopo la Santa Messa una breve processione fino alla piazza e lo sparo dei fuochi d’artificio hanno concluso questa giornata di festa in onore della Madre della Mercede, la cui statua lignea dovrà ora essere restaurata.
Articolo e foto di DINA IACONO