La gita di fraternità del presbiterio ischitano e il vescovo Pietro alla Badia di Cava
Don Carlo Candido
Come scolaretti in gita scolastica di fine anno. Il 9 giugno scorso, anche i preti della Chiesa di Ischia hanno colto al volo l’occasione di una gita di fraternità che li ha portati nella zona di Cava dei Tirreni, a godersi una bella giornata di preghiera, sole e amicizia. La meta era la Badia millenaria di Cava.
La Badia Benedettina della SS. Trinità sorge nell’amena valle del ruscello Selano, a poco più di tre chilometri dalla città di Cava, centro popoloso del Salernitano.
Salendo da Cava per la deliziosa strada asfaltata, tra boschi e radure coltivate, il panorama si allarga sempre più sulla ridente conca cavese fino a quando appare la visione del mare, la piana del Sele e i monti del Cilento.
Dopo un crocicchio la strada penetra dolcemente nella valle ed ecco, in alto, dominato dal monte Finestra, il corpo di Cava.
Ancora un breve tratto di strada intorno alle mura di Cava ed appare improvvisa di fronte ad un rettilineo, l’armonica facciata settecentesca della Badia. La prima impressione è di un edificio di modeste dimensioni, ma l’apparenza inganna perché la facciata nasconde un grandioso complesso monumentale ricco di Santità (4 santi e 8 beati), di Storia e di Arte, in cui pulsa la vita di sempre.
Una ventina di preti, giovani e meno giovani, insieme con il vescovo Pietro, siamo stati accolti da Don Michele Petruzzelli, Abate ordinario della Badia di Cava de’ Tirreni, e introdotti in questo miracolo e percorso suggestivo, dal 1011 ai giorni nostri, di storia, di natura, di cultura, di santità e arte.
All’accoglienza, iniziata con un ricchissimo coffe break, è seguita la meditazione, dettata dall’abate, sull’inno alla carità di S. Paolo.
La giornata è continuata, con una bella carrellata d’arte, con la visita del Monastero: appartamento abbaziale, museo e soprattutto l’archivio e la biblioteca.
La biblioteca della Badia possiede oltre 80.000 volumi con numerosi incunaboli e importanti cinquecentine. Ma è l’Archivio che ha resa famosa la badia. Nelle due elegantissime sale della fine del ‘700 sono contenuti preziosi manoscritti pergamenacei e cartacei, più di 15.000 pergamene, di cui la più antica è del 792, e un considerevole numero di documenti cartacei.
La visita ha trovato il suo culmine nella cappella delle reliquie e del fondatore della Badia, San Alferio, e nella basilica dove abbiamo concelebrato con il nostro vescovo Pietro e l’abate, che ha presieduto l’Eucarestia.
Altro momento suggestivo è stata la preghiera dell’ora media insieme alla comunità monastica nell’antico coro della badia.
La prerogativa dei monasteri benedettini è l’accoglienza: all’ora opportuna non poteva mancare l’offerta di un pranzo ben curato nei particolari.
Il pranzo ha acceso le micce degli scherzi e ha fatto scoppiare l’allegria. La fraternità sacerdotale è un dato sempre presente; ha origine nel sacramento dell’Ordine e riaccende la sua vitalità nell’esperienza di vita del presbiterio diocesano. L’ultimo momento della giornata è stato il saluto di gratitudine all’abate che ha voluto donare a tutti il presbiterio isclano 2 volumi sulla Badia e la storia di santità della stessa. Nel viaggio di ritorno, sul volto di tutti c’era tanta gioia e serenità e nel cuore l’esigenza di ringraziare il Signore per la santità respirata in quell’oasi di preghiera.