A Firenze abbiamo incontrato il vescovo di Ischia Pietro Lagnese e gli abbiamo chiesto alcune considerazioni in merito al discorso del Papa ad inizio convegno.
Dall’inviato Kaire Francesco Schiano
Papa Francesco ha toccato le corde del nostro cuore rivolgendosi alla Chiesa italiana riunita per il 5° convegno ecclesiale. Si aspettava un discorso così forte e concreto?
“Mi aspettavo questo tipo di discorso da Papa Francesco soprattutto perché a differenza delle altre volte dove il Santo Padre parlava al termine del convegno, questa volta Egli è praticamente intervenuto nelle battute iniziali, quasi a dettare le linee guida di questi lavori. E ancora una volta non si è smentito per la sua concretezza e determinazione nel chiedere a tutti i costi alla Chiesa italiana di rinnovarsi alla luce del Vangelo: ci ha riproposto l’Evangeli Gaudium, ci ha affidato i tre atteggiamenti (umiltà, disinteresse e beatitudine) sui quali verificarci come Chiesa e come singoli”.
Rinnovarsi alla luce del Vangelo porta con sé anche delle possibili tentazioni e il Papa ne ha sottolineate due in modo particolare
“Si tratta, ci ha detto il Santo Padre, del pelagianesimo e dello gnosticismo. Ha riproposto con grande forza l’annuncio del Kerigma, cioè di Cristo incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza affinché la Chiesa eviti la tentazione di credere che siamo noi con le nostre forze a determinare la salvezza delle anime, mentre richiamando lo gnosticismo che è quella dottrina che nega l’incarnazione del Figlio di Dio, il Papa ci ha voluto ricordare che anche come Chiesa possiamo assumere un atteggiamento del genere se ci rifugiamo in comportamenti solamente spiritualistici ed intimistici”.
E’ stato curioso ma efficace il richiamo alla figura di don Camillo di Guareschi, il parroco che unisce la preghiera con la vicinanza ai suoi parrocchiani…
“Il Papa ha chiesto sin dal primo giorno che la Chiesa si mettesse davvero in cammino con il popolo cristiano. Noi ischitani possiamo davvero giocarci la carta di essere una Chiesa “famiglia di famiglie” dove tutti si conoscono e condividono le loro esperienze sull’esempio della prima comunità cristiana che ci viene descritta negli Atti degli Apostoli però questo richiede di mettersi in discussione perché ci impone di uscire da noi stessi affinché tutta la nostra vita sia evangelicamente vissuta. Se così faremo sperimenteremo quella beatitudine di cui oggi ci parlava il Papa, che niente e nessuno ci potrà togliere, sperimenteremo davvero la gioia di essere cristiani”.
Un’occasione propizia per vivere quanto ci chiede il Papa è il prossimo Giubileo della Misericordia
“L’anno della misericordia deve aiutarci proprio a metterci in sintonia con i sentimenti di Gesù come ci ha ricordato il Papa e il sentimento di Cristo per eccellenza è quello della misericordia. Una chiesa misericordiosa dunque per somigliare a colui al quale siamo chiamati a guardare e dal quale vogliamo lasciarci guardare”.