L’ambito giovani è stato caratterizzato da una discreta partecipazione: primo pomeriggio circa 110 partecipanti, secondo pomeriggio circa 150 partecipanti. Da subito si è creato tra i partecipanti un clima di ascolto e di disponibilità nell’accogliere le parole profonde di don Giacomo Pavanella che è riuscito, attraverso il racconto della sua esperienza di vita, a trasmettere la gioia di Cristo Risorto.

Don Giacomo ha focalizzato il suo intervento su una domanda che ha interpellato tanti: “Cosa vuole Dio da me? Quale il Suo sogno su di me?”, per arrivare poi al nucleo kerigmatico del Vangelo chiedendoci quanto oggi come cristiani siamo testimoni visibili della risurrezione. Una serie di immagini sul web ci hanno fatto cogliere come il messaggio cristiano viene recepito in maniera deformata e stereotipata, perché forse come cristiani non siamo capaci di trasmettere con autenticità l’annuncio del Risorto.

Dobbiamo imparare a conoscere il web e le opportunità che esso può offrire alla comunità cristiana in modo da trasmettere l’immagine vera della nostra fede.

Diverse le sollecitazioni che la sua testimonianza ha posto e che hanno permesso di cogliere quale deve essere l’approccio al mondo giovanile oggi: più che confezionare risposte è importante sapere ascoltare le domande più profonde che arrivano dai giovani.

Il secondo giorno c’è stato un crescendo di entusiasmo e partecipazione, favorito dalle parole di Mons. Galantino, che ha visto un numero maggiore di partecipanti al laboratorio. Don Giacomo ha ripreso il discorso del giorno precedente, e le sollecitazioni del vescovo Galantino, per andare sempre più ad “esplorare” quali possono essere i limiti personali e le aree oscure che impediscono una relazione vera con Dio e quindi con i fratelli. Oggi ancora di più abbiamo bisogno di puntare su relazioni vere d’Amore e di Unità, sull’esempio di Gesù che ci ha lasciato il segreto di questa gioia (Gv. 15), perché solo la capacità di essere pronti a dare la vita per i fratelli ci libera dai nostri schemi e dalle nostre paure. Molto forte è stato l’invito a puntare in alto, ad esplorare “vette nuove” che possono aprire l’orizzonte del cuore e, come diceva Santa Teresina, a rendere così straordinarie le cose ordinarie.

Importante e costruttivo è stato il momento (nel secondo pomeriggio) in cui ci siamo divisi in 10 gruppi da circa 15 persone dove i partecipanti si sono confrontati sui temi trattati nei due giorni e dai quali sono emersi suggerimenti e proposte, oltre alle difficoltà che ci sono nell’adattare i contesti parrocchiali al mondo giovanile.

Ogni moderatore di gruppo ha riportato in plenaria quanto emerso dal lavoro di gruppo con una parola sintesi. Il denominatore comune la preghiera comunitaria, l’importanza dell’ascolto e della condivisione tra le generazioni sia all’interno della comunità parrocchiale che interparrocchiale.

A conclusione sul viso di tutti si leggeva una gioia profonda, qualcuno più giovane con le lacrime esprimeva gratitudine a Dio che ci ha permesso di fare un’esperienza nuova di Chiesa, di avvertire in maniera tangibile la presenza dello Spirito Santo che aleggiava in maniera impercettibile nella sala, nonostante i limiti che ognuno porta in cuore.

Il terzo momento laboratoriale ha visto lavorare insieme gli ambiti del mondo giovanile con quello della famiglia e delle vecchie e nuove povertà, con il relatore Marco Giordano. La solidarietà, l’esigenza di impegnarsi nel sociale non attraverso l’assistenzialismo ma attraverso le relazioni, il coinvolgimento dei ragazzi con disagio sono le sollecitazioni che potremmo mettere in campo per una chiesa veramente in uscita.

CONCLUSIONI:

Dal convegno sono emersi in particolare quattro punti:

  1. Cristo Risorto, cuore della nostra Fede. Il punto di partenza è l’incontro con il Risorto grazie al quale ci si sente accolti, perdonati e nel quale si realizza in pienezza il Suo progetto d’amore; ?
  2. Rimanete nel mio amore. Questo progetto si alimenta nel rapporto costante con Dio Padre, in una relazione intima che si svela nella fedeltà di un incontro alimentato nella preghiera che oltre ad essere personale diventa comunitaria. Questo fa sperimentare la bellezza di essere una comunità.
  3. L’uno per l’altro. Non si può concepire una pastorale a compartimenti stagni: è necessario sforzarsi di condividere tra quanti vivono in un tessuto parrocchiale (giovani e anziani, genitori e figli, ecc. ).
  4. Sempre nuovi. La vita col Risorto è sempre una vita dinamica, gioiosa e positiva, che tende a rinnovarci ogni giorno, che ci impedisce di stagnare nelle nostre convinzioni, in una fede fatta su misura.

 

A cura dell’équipe del Laboratorio Mondo Giovani