SPIRITUALITÀ LITURGICA

Di Don Cristian Solmonese per Kaire

Carissimi amici,

il nostro Vescovo dalla prossima Domenica di Quaresima visiterà i quattro decanti della nostra diocesi presiedendo l’antichissimo rito della Statio quaresimale. Con questo articolo vorrei informarvi su alcune caratteristiche che potrebbero aiutarci a vivere meglio questa convocazione di tutta la chiesa voluta dal nostro Vescovo. Prima di tutto ci chiediamo: Quali sono le origini della statio e cos’è? Di essa abbiamo documentazione antichissima. Già con alcuni Padri della Chiesa, già nel Pastore di Erma e poi in Cipriano, Tertulliano e in altri Padri, abbiamo indicazioni in merito. Che cos’è dunque la statio? Innanzitutto, una veglia, accompagnata dal digiuno, con la quale ci si prepara a vivere un avvenimento importante. Si riprende la terminologia militare, come sottolinea sant’Ambrogio, per cui la statio ci rimanda all’immagine della sentinella che vigila nell’accampamento. Questo atteggiamento si collega ad uno dei motivi essenziali della quaresima: vigilate, state attenti e compite in particolare opere di penitenza, di carità e di digiuno. Queste opere vengono collegate tra loro e proposte per creare un atteggiamento di conversione profonda attraverso, appunto, la vigilanza, le pratiche e gli esercizi di pietà. Concretamente, la statio diventa poi l’incontro della comunità cristiana che si raduna nei cosiddetti tituli, cioè le antiche parrocchie o i santuari dove erano deposti i martiri. A tal proposito ricordiamo che un antico documento, la Depositio martyrum, del 336, ci riferisce il luogo dove riposa il martire e dove si tiene la statio, cioè il luogo dove la comunità si riunisce per pregare quel martire nel ricordo del suo dies natalis. L’incontro della comunità cristiana con il vescovo si apre con la “colletta”. Ci si riunisce in una chiesa da cui si parte per una processione lungo la quale si cantano le litanie, per questo si parla di letania. Nel Liber Pontificalis si parla sempre di fare una letania, cioè una processione della comunità con il proprio vescovo dalla chiesa vicina alla chiesa stazionaria  o  a  una  delle  grandi basiliche, dove si conserva la memoria del martire. Una seconda domanda che potrebbe incuriosirci è la seguente: A che epoca risale la tradizione della “statio”? La prima notizia storica ufficiale l’abbiamo con Papa Ilaro (461-468). Nel Liber pontificalis, si dice che il Papa dona alla Chiesa di Roma una serie di vasi sacri da utilizzare nelle chiese in cui avvenivano le stationes. C’erano le stazioni quaresimali dei diversi tempi liturgici, avvento, quaresima e Pasqua, sia le stazioni stabilite per le celebrazioni solenni di alcuni santi e martiri. Pietro e Paolo, innanzitutto, poi Lorenzo, Agnese, Cecilia. Questo uso era diffuso a Roma, ma si diffonde poi in tutta Europa, come nell’Africa del nord, a Milano, Ravenna, in Germania e in Gallia. Esistono dei testi liturgici di queste Chiese, che riportano la successione delle stazioni con il nome della chiesa romana, che i libri liturgici romani non riportano, perché era scontata. Nei calendari liturgici non romani venivano invece esplicitamente ricordate le chiese stazionali di Roma, per sentirsi in piena comunione con la comunità di Roma e il suo vescovo, il Papa. Una prima riorganizzazione e sistemazione delle stationes avviene, secondo la tradizione, con Gregorio Magno. Le stazioni all’inizio erano sempre presiedute dal vescovo. A Roma dal Papa, nelle altre diocesi dai rispettivi vescovi, per esempio sant’Ambrogio a Milano. La statio non si teneva tutti i giorni. Inizialmente si svolgeva solo in alcuni giorni più significativi, per esempio il martedì, il mercoledì e il venerdì. In seguito, Gregorio II aggiunse il giovedì, per cui alla fine tutta la settimana era occupata dalle stazioni e così tutti i 40 giorni della quaresima divennero giorni stazionari. Il Papa si recava nella chiesa vicina a quella stazionaria. Lì si recitava la “colletta”, cioè la preghiera di riunione, e quindi si formava la processione che, al canto delle litanie dei santi, giungeva alla chiesa stazionaria dove si partecipava a una veglia di preghiera, successivamente sostituita dalla celebrazione eucaristica. Questo fino all’esilio avignonese, a causa del quale si verifica una decadenza delle pratiche liturgiche. Anche la liturgia stazionale decade notevolmente. Viene ripresa in alcuni momenti, ad esempio con san Carlo Borromeo e col Papa san Pio V, ma vive alti e bassi, anche perché non sempre il Papa vi partecipa. Arriviamo al 1870 quando definitivamente le stationes non ebbero più luogo, perché venne proibita la processione per le vie della città in seguito ai moti che portarono all’unità d’Italia e alla presa di Roma. Dobbiamo arrivare al primo ‘900 per vedere rifiorire le stationes romane, con il nostro Magister monsignor Respighi, che dal ’31 al ’47 sostenne e incoraggiò questa tradizione, la rilanciò a Roma. Da allora anche il Papa partecipa alla prima statio, quella che ora si svolge a Santa Sabina. Infine volevo donarvi una nota spirituale sulla statio. Credo che essa sia un segno importante in questo momento, perché è anche un modo per cercare di dare una risposta concreta a quanti paventano il rischio della dispersione e della disgregazione della comunità. La “colletta” e quindi la statio ripropongono l’immagine della comunità che si raduna attorno al vescovo, o al celebrante. Dunque rappresentano un segno di comunione e di unità attorno al vescovo. È un modo anche di far capire come sia sempre attuale la necessità di vigilanza, di attenzione per una conversione interiore profonda. Questi piccoli gesti simbolici, accompagnati dal canto delle litanie, creano anche un clima di comunione con i santi, con chi ci ha preceduto. E forse è anche l’occasione per riscoprire il senso di appartenenza all’unica comunità dei credenti nel Cristo, presente sull’altare. Spero che queste indicazioni aiutino tutti i fedeli della nostra isola a prendere parte a questo rito insieme al nostro Vescovo coscienti che insieme a noi camminerà e sarà presente tutta la chiesa non solo quella di oggi ma quella di sempre. Buon cammino a tutti!

Don Cristian Solmonese