Ischia – Cattedrale – 9 novembre 2022

Ordinazione diaconale PAOLO BUONO

         Sorelle e fratelli carissimi,

         questa sera siamo radunati per un momento di gioia, dopo celebrazioni che ci sono state e ci saranno per piangere e affidare al Signore le vittime dell’evento drammatico che ha ferito la nostra bella isola, portando morte e distruzione. Le portiamo con noi nella preghiera.

         Dove è fondata la nostra gioia?

Come ci ha detto il Vangelo (Gv 15,9-17) sulla certezza dell’amore di Gesù: non un amore qualsiasi, ma “come” il Padre ama Lui! Egli ci ama come il Padre e Lui si amano!  E Gesù specifica la misura di questo amore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. La fonte della nostra gioia sta in questa certezza: Dio mi ama immensamente. Il Crocifisso ci dice questo amore: “Egli mi ha amato – esclama con stupore san Paolo – e ha consegnato sé stesso per me”!

Dobbiamo credere al Suo amore e lasciarci da esso avvolgere, amando: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.

Quando constatiamo che stabilmente manca la gioia nella nostra vita, dobbiamo rivedere la nostra vita spirituale, c’è qualcosa che non va. La tristezza è per la nostra vita di discepoli di Gesù come la febbre per il nostro organismo: dobbiamo cercarne le cause.  Almeno che il Signore non ci stia facendo sperimentare la notte oscura, la causa principale della tristezza è che non “dimoriamo in Lui, nel suo amore”.

«Non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. – scrive papa Francesco – Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita “non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi”».[1]

Gesù nel Vangelo ha detto ai suoi discepoli e ripete anche a noi oggi: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”.

Geremia (1,4-9) si sente inadeguato di fronte alla chiamata ad essere profeta: “Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane”. Il Signore dopo avergli ricordato che lo ha scelto prima che si formasse nel grembo della madre, lo ha rassicurato: “Non dire: ‘sono giovane’. Tu andrai da tutti coloro cui ti manderò e dirai quello che io ti ordinerò. Non avere paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti”.

Quando il Signore chiama, dona anche la forza per realizzare la missione legata alla chiamata. È necessario rimanere in Lui, nel suo amore.

Dio ha un “progetto unico e irripetibile da tutta l’eternità” su ognuno. – ricorda papa Francesco – Questo dovrebbe entusiasmare e incoraggiare ciascuno a dare tutto sé stesso, per conoscere e crescere verso questo progetto: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato» (Ger 1,5).

Che ricchezza per la Chiesa e che forza per la sua missione se tutti i suoi membri riconoscessero la propria vocazione e la realizzassero!

«Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina».[2]

Carissimo Paolo,

oggi il Signore attraverso il Vescovo ti chiama e ti consacra diacono.

L’esortazione dell’apostolo Paolo, di cui porti il nome e che hai scelto come seconda lettura (Ef 4,1-7.11-13), è lo sfondo di ogni vocazione: “comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”.

Nella preghiera di ordinazione tra poco chiederò per te al Signore: “Sia, Signore, questo tuo figlio, pieno di ogni virtù: sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel suo servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fede le nello spirito”. E potremmo aggiungere: “Il suo stile di vita, Signore, sia come il tuo, fatto di vicinanza, di compassione, di misericordia, di tenerezza! Sia costruttore di unità e operatore di pace”.

L’icona di riferimento nella tua vita sia la lavanda dei piedi.

Quel gesto che Gesù ha posto dovrà essere impresso nella tua mente e nel tuo cuore, anche domani da presbitero, perché ci ricorda il senso dell’autorità nella Chiesa; è un segno concreto di quel “tra voi non è così”, quando Gesù corregge con pazienza la smania degli apostoli di voler primeggiare: “chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10,43-44).

Sei chiamato ad essere ad immagine di Gesù, che non venne per essere servire, ma per servire, a conformare a Lui tutta la tua vita. Consapevole della tua fragilità e certo che il Signore non ti farà mancare la sua grazia dirai: “Voglio essere come Gesù servo, conformare la mia vita alla sua. Questo è possibile solo con il suo aiuto!”

Nel consegnarti il libro dei Vangeli, di cui con il diaconato diventi annunciatore, ti dirò:

“credi sempre ciò che proclami”: stai prestando la tua voce al Signore, che parla a te che proclami e a tutta la comunità che ascolta; dal modo come leggi e dalla tua postura si colga che credi a ciò che leggi!

“Insegna ciò che hai appreso nella fede”: quello che ti è donato non è solo per te, ma per tutti.

“Vivi ciò che insegni”: non dimenticare mai che Gesù prima ha vissuto e, poi, ha insegnato. «Sapete che cosa ha detto Francesco (d’Assisi) una volta ai suoi fratelli? – diceva ai giovani papa Francesco – Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole! Ma, come? Si può predicare il Vangelo senza le parole? Sì! Con la testimonianza! Prima la testimonianza, dopo le parole!». Ci sia sempre un equilibrio tra il tuo essere e il tuo parlare. Lascia che il Signore metta le sue parole sulla tua bocca!

Maria, che si proclama “serva” del Signore, che ha speso tutta la sua vita per suo Figlio, senza mai bloccare la sua missione, che sempre è stata accanto a Lui, anche quando è giunta l’ora delle tenebre, ti aiuti ad essere “servo” del Signore, lasciandolo vivere dentro di te, ascoltando e vivendo assiduamente la Sua parola. Guarda a Lei e chiedi la sua materna intercessione per essere forte nella fede, saldo nella speranza e operoso anella carità.

[1] Francesco, Gaudete et Exultate, 34

[2] Ivi, nn. 13.24