Ischia – Cattedrale – 18 ottobre 2021

Domenica scorsa 10 ottobre Papa Francesco ha introdotto tutta la Chiesa nel cammino sinodale che si concluderà nel 2023. Ieri – oggi qui ad Ischia e a Napoli – in tutte le diocesi del mondo si è aperto il percorso sinodale nelle Chiese locali. Come Chiese di Dio che sono in Italia avviamo anche il “cammino sinodale” della Chiesa Italiana, che si concluderà il 2025 con il Giubileo.

Vogliamo innanzitutto invocare il dono dello Spirito Santo.

Il Sinodo – ha detto Papa Francesco nella riflessione all’inizio del percorso sinodale – «è un momento ecclesiale, e il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo. Se non c’è lo Spirito, non ci sarà Sinodo». Egli «ci guiderà e ci darà la grazia di andare avanti insieme, di ascoltarci reciprocamente e di avviare un discernimento nel nostro tempo, diventando solidali con le fatiche e i desideri dell’umanità».

«Sia questo Sinodo un tempo abitato dallo Spirito! Perché dello Spirito Santo abbiamo bisogno, del respiro sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, scioglie le catene, diffonde la gioia. Lo Spirito Santo è Colui che ci guida dove Dio vuole e non dove ci porterebbero le nostre idee e i nostri gusti personali».[1]

Siamo chiamati ad ascoltare lo Spirito Santo, come scrive l’autore del libro dell’Apocalisse: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (2,7).

È questo il nostro primo impegno. «Si tratta di sentire la voce di Dio, cogliere la sua presenza, intercettare il suo passaggio e soffio di vita» – ha detto il Papa ai fedeli della diocesi di Roma. Dobbiamo essere come Elia che coglie la presenza di Dio non in un vento impetuoso e gagliardo né in un terremoto né nel fuoco, ma nel “sussurro di una brezza leggera” (o come traducono gli esegeti in una “voce sottile di silenzio” o in “un filo di silenzio” (cfr. 1Re 19,11-13).[2]

Dobbiamo avere fiducia che lo Spirito Santo fa sentire la sua voce, anche se sottile. A noi chiesto di “pulire le orecchie per sentire bene”.

Oggi celebriamo la festa di san Luca, autore del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli. Egli ci racconta negli Atti che il cammino della Chiesa delle origini è guidato dallo Spirito Santo. È Lui il protagonista anche del cammino della Chiesa oggi!

È lui che spinge Pietro ad andare da Cornelio, un pagano. È Lui “a sciogliere le resistenze di Pietro e aprire una nuova pagina della missione”, scendendo sul centurione e su tutti quelli che ascoltavano il discorso di Pietro (cfr. At 10,1-48).

Nel documento finale del cosiddetto “Concilio di Gerusalemme” “troviamo la testimonianza del protagonismo dello Spirito” in un “cammino di decisioni”, in cui prevale la sapienza: «È parso bene, allo Spirito Santo e a noi di non imporvi alcun obbligo» (At 15,28).

«Così dovrete cercare di esprimervi, in questa strada sinodale, in questo cammino sinodale. – ha detto papa Francesco nel discorso sopra citato ai fedeli di Roma – Se non ci sarà lo Spirito, sarà un parlamento diocesano, ma non un Sinodo … stiamo facendo un cammino di ascoltarsi e ascoltare lo Spirito Santo, di discutere e anche discutere con lo Spirito Santo, che è un modo di pregare».[3]

Lo Spirito Santo ci aiuti a coniugare le “tre parole-chiave del Sinodo”: comunione, partecipazione e missione.

Vorrei sottolineare soprattutto la parola partecipazione.

Essa è “un’esigenza della fede battesimale”. Il Battesimo è la “nostra sorgente di vita”, da esso “deriva l’uguale dignità dei figli di Dio, pur nella differenza di ministeri e carismi”. Tutti i battezzati sono “chiamati a partecipare alla vita della Chiesa e alla sua missione”. “Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile!”. È la partecipazione che rende concreta la comunione e la missione”. Celebrare un Sinodo è “sempre bello e importante, ma è veramente proficuo se diventa espressione viva dell’essere Chiesa, di un agire caratterizzato da una partecipazione vera”.[4]

Soprattutto io, vescovo, e voi, fratelli presbiteri, verifichiamo se resistiamo a “superare l’immagine di una Chiesa rigidamente distinta tra capi e subalterni, tra chi insegna e chi deve imparare”, lasciandoci provocare dalla domanda che papa Francesco poneva ai vescovi e ai preti della Chiesa di Roma: “Ma io sono capace di camminare, di muovermi, davanti, in mezzo e dietro, o sono soltanto nella cattedra, mitra e baculo?”. “Sono un pastore immischiato, ma pastore?”.

I presbiteri corrono il rischio di staccarsi dai laici e, allora, il prete diventa «“padrone della baracca” e non pastore di tutta la Chiesa che sta andando avanti» – ha detto ancora il Papa.

Il cammino sinodale deve aiutarci a prendere rinnovata consapevolezza che siamo il Popolo santo di Dio: c’è tra tutti noi pari dignità, siamo tutti liberi figli di Dio, con carismi e ministeri diversi!

Tutti nella Chiesa siamo chiamati ad uno scatto di maturità: passare dal non sentirsi mai in causa perché “non tocca a me” alla “consapevolezza di essere dentro una famiglia nella quale ognuno è insostituibile”. Siamo battezzati, siamo popolo di Dio, Chiesa. Dobbiamo trarre le conseguenze da quello che siamo con “tutto ciò che comporta in termini di partecipazione, corresponsabilità, impegno di condivisione, diritto di parola e dovere di ascolto”.[5]

Il fine della Chiesa è il regno di Dio, che è innanzitutto una Persona, Gesù Cristo, da far conoscere, amare e seguire.

Dobbiamo camminare con Gesù Cristo, camminare insieme dietro di Lui, e camminare tra noi fratelli verso quelli che non conoscono Cristo.[6]

La Chiesa è chiamata ad essere segno del regno che Gesù ha portato: un regno di verità e di libertà, un regno di giustizia e di amore, di comunione, di unità pluriforme.

Questo non astrae dalla realtà, ma spinge ad immergersi in essa, sullo stile di Gesù, “per provare ad incidere in essa, per farla crescere nella linea dello Spirito Santo, per trasformarla secondo il progetto di Dio”.[7]

«Dio non alberga in luoghi asettici, in luoghi tranquilli, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita» – ha detto Papa Francesco, aprendo il cammino del Sinodo universale.

Oggi, – ha continuato – «iniziamo con il chiederci tutti – Papa, vescovi, sacerdoti, religiose e religiose, sorelle e fratelli laici -: noi, comunità cristiana, incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? Siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del “non serve” o del “si è fatto sempre così”?».[8]

Facciamo nostra la preghiera del Papa nel momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale[9]:

Vieni, Spirito Santo.
Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita,
preservaci dal diventare una Chiesa da museo,
bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire.
Vieni tra noi,
perché nell’esperienza sinodale
non ci lasciamo sopraffare dal disincanto,
non annacquiamo la profezia,
non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili.
Vieni, Spirito Santo d’amore,
apri i nostri cuori all’ascolto.
Vieni, Spirito di santità,
rinnova il santo Popolo fedele di Dio.
Vieni, Spirito creatore,
fai nuova la faccia della terra.
Amen.

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[1] Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021

[2] Francesco, Discorso ai fedeli della diocesi di Roma, 18 settembre 2021

[3] Ivi

[4] Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021

[5] Francesco Ognibene, Per essere parte di chi si alza in Avvenire, 10 ottobre 2021, Editoriale

[6] Massimo Camisasca, Sinodo significa camminare: con Dio, con Cristo, tra fratelli in Avvenire, 16 ottobre 2021, p. 3

[7] Francesco, Discorso ai membri del Consiglio Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 30 aprile 2021

[8] Francesco, Omelia Celebrazione dell’Eucarestia per l’apertura del Sinodo sulla Sinodalità, 10 ottobre 2021

[9] Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021