LUNEDI’ 7 MARZO alle ore 20.00 nella Chiesa Cattedrale di Ischia si terrà la sesta delle 14 catechesi diocesane sulle opere di misericordia corporale che si terranno lungo tutto l’arco del Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016).

A  guidare l’incontro sul tema “PERDONARE LE OFFESE”  sarà il card. Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona – Osimo

[hr gap=”20″]

CHI È IL CARDINALE EDOARDO MENICHELLI

Oltre vent’anni di ministero episcopale in due arcidiocesi dell’Italia centrale, preceduti da un lungo servizio nella Curia romana: si può riassumere così l’esperienza del cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo.

Settantasei anni e 5 mesi, è nato a Serripola di San Severino Marche, in provincia di Macerata, il 14 ottobre 1939.

Ordinato sacerdote il 3 luglio 1965, tre anni dopo è stato chiamato a Roma dov’è rimasto per ventisei anni, lavorando fino al 1991 come officiale presso il Supremo tribunale della Segnatura Apostolica e in seguito presso la Congregazione per le Chiese Orientali come addetto di segreteria. Ha ricoperto anche l’incarico di segretario particolare del cardinale prefetto del dicastero Achille Silvestrini.

Negli anni romani, a partire dal 1970 e fino alla nomina episcopale, ha prestato la sua opera come cooperatore presso la parrocchia dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, al quartiere Trieste, seguendo soprattutto la pastorale familiare. È stato inoltre assistente spirituale nella clinica Villa Mafalda per più di vent’anni e ha anche collaborato con il consultorio familiare della facoltà di medicina al Policlinico Gemelli, dove per alcuni anni ha insegnato etica professionale nella scuola per infermieri. Ha infine preso parte attiva al Sinodo della diocesi di Roma, conclusosi nel 1993 dopo un cammino settennale.

Il 10 giugno 1994 Giovanni Paolo II lo ha nominato arcivescovo di Chieti-Vasto, successore di Antonio Valentini, dimessosi per raggiunti limiti di età.

Dieci anni dopo, l’8 gennaio 2004, è stato trasferito alla sede metropolitana di Ancona-Osimo, successore di Franco Festorazzi. L’11 settembre 2011 ha accolto Benedetto XVI in visita pastorale ad Ancona, dove nel cantiere navale ha presieduto la messa conclusiva del venticinquesimo Congresso eucaristico italiano. Per espressa volontà dell’arcivescovo, la grande assise nazionale è stata connotata da una triplice scelta tematica — racchiusa in tre “c”: celebrazioni, carità e cultura — e da alcuni particolari incontri con il Papa: uno riservato agli sposi e ai sacerdoti insieme, per recuperare un’identità vocazionale e riscoprire il comune impegno educativo; e un altro con i fidanzati, per manifestare loro la vicinanza della Chiesa. Ma la visita viene ricordata anche per un altro significativo momento: il pranzo condiviso dal Pontefice con una rappresentanza di operai in cassa integrazione e alcuni poveri assistiti dalla Caritas.

Un riconoscimento alla sua speciale attenzione pastorale alla famiglia è venuto dalla nomina pontificia a membro della terza assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia (ottobre 2014), di cui è stato relatore del circolo minore italiano.

[hr gap=”20″]

«ERO UN POSSIBILE DELINQUENTE. E INVECE IL BUON DIO…»

Il Card. Edoardo Menichelli si racconta: «A undici anni sono rimasto senza genitori, a dodici anni ho dovuto abbandonare la scuola per andare a lavorare. E indovini che mestiere ho fatto? Il pastore». Una giornata accanto a un pastore che conosce l’odore delle sue pecore, la loro testardaggine e la loro mitezza.

 

di M. Michela Nicolais

«Adesso le dico una cosa che non ho mai detto a nessuno: a undici anni sono rimasto senza genitori, a dodici anni ho dovuto abbandonare la scuola per andare a lavorare. E indovini che mestiere ho fatto? Il pastore». Comincia con una confidenza, davanti a una tazza di latte, la mia giornata «a tu per tu» con il Card. Edoardo Menichelli, uno dei 20 cardinali che un anno fa ha ricevuto la «berretta» dal Papa durante il concistoro. Quando ho chiesto a don Edoardo – è così che vuole essere chiamato, anche dopo il Concistoro, perché «non cambia niente» con la porpora – cosa volesse dire per lui l’invito di Papa Francesco a essere pastori «con l’odore delle pecore», non mi aspettavo una risposta così, arrivata dopo una breve pausa come un fiume in piena: «Ho fatto il pastore: l’odore delle pecore lo so qual è, la testardaggine delle pecore so qual è… anche la mitezza delle pecore so qual è». Un pastore innamorato del suo gregge: 76 anni, 51 di sacerdozio, 21 di episcopato di cui la metà trascorsi ad Ancona. Ma anche i 26 anni trascorsi a Roma sono ancora tutti lì: se li ricorda nelle telefonate che riceve, ma anche nei venti chilometri che facciamo fianco a fianco, mentre guida la sua Panda beige nel tragitto verso Osimo. Capisce di avere a che fare con una romanista, e ricordando il presidente Viola – «ogni tanto si ricoverava a Villa Mafalda», io ero assistente lì»- mi dice con piglio sicuro: «Il problema della Roma sono i tifosi».

«Io ero un possibile delinquente», confessa quasi a bruciapelo guardandomi dritto negli occhi: «lo dico sempre ai ragazzi. A 11 anni ero senza genitori. C’è stato un disegno del buon Dio che attraverso percorsi difficili mi ha portato là. Il buon Dio ci disegna la vita, dà una trama, come una maglia. Se non capisci che per Dio sei una meraviglia così come sei, diventi un manichino».