Omelia della Santa Messa a un anno dal Terremoto

21 Agosto 2018

Ez 28, 1-10; Mt 19, 23-30

Carissimi,

celebriamo la divina Eucaristia nel primo anniversario del terremoto che la sera del 21 agosto dello scorso anno colpì la nostra Isola e in particolare le comunità di Casamicciola Terme e Lacco Ameno e, in minima parte, quella di Forio.

Esattamente alle 20,57 di quel giorno – lunedì 21 agosto 2017 – la nostra Isola tremò e con essa l’intero popolo ischitano e i tanti turisti venuti tra noi per trascorrere giorni di distensione e di riposo.

Ad un anno da quel triste evento ci ritroviamo qui questa sera per celebrare l’Eucaristia nella quale vogliamo innanzitutto affidare alla misericordia di Dio le vittime di quel sisma: Carmela Balestrieri e Marilena Romanini: in loro suffragio offriamo la Santa Eucaristia.

Il terremoto ad Ischia il 21 agosto dello scorso anno c’è stato veramente. E, seppur circoscritto ad un’area in particolare, peraltro già in passato interessata da fenomeni sismici, neppure è stato una cosa da poco, come qualcuno ha creduto o ha voluto far credere, facendo opera di riduzionismo, adducendo semmai tutta la responsabilità all’annosa – seppure reale – questione dell’abusivismo edilizio.

Sì, il terremoto c’è stato veramente! Lo sanno bene i familiari delle vittime del sisma, ai quali questa sera in modo particolare va il nostro pensiero; lo sanno bene le famiglie rimaste sepolte per ore sotto le macerie delle case di Casamicciola in via Serrato e, per grazia di Dio, estratte vive grazie anche all’instancabile lavoro degli uomini dei Vigili del fuoco e della Protezione civile e di tutti gli altri soccorritori, civili e militari, cui va ancora la gratitudine e la riconoscenza dell’intera Isola; lo sanno bene quanti hanno perso la casa e il lavoro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto»: come Pietro nel vangelo di questa sera anche loro potrebbero dirlo; 2600 circa sono ancora gli sfollati: molti di loro alloggiano temporaneamente presso case di parenti e amici o presso abitazioni avute in locazione e, numerosi, a tutt’oggi 350, quelli che si trovano a vivere nelle strutture alberghiere; e – è ciò che più ci rattrista – senza peraltro avere la minima idea di ciò che li aspetta e senza sapere – quando e dove – potranno avere anche loro nuovamente una casa; lo sanno bene tutti gli ischitani che due settimane fa – seppur lievemente – hanno visto tremare nuovamente l’Isola sperimentando di nuovo la paura di essere visitati dal terremoto.

Sì, il terremoto c’è stato veramente: e vorremmo che tutti, a incominciare da quanti hanno responsabilità politiche e di governo, ne avessero maggiore contezza perché l’Isola d’Ischia e in particolare le comunità di Casamicciola Terme e Lacco Ameno al più presto possano ritornare a vivere.

Lo speriamo vivamente e per questo auspichiamo prontamente, da parte di chi ci governa, scelte operative e fatti concreti al fine di vedere il nostro territorio ritornare a vivere nella consapevolezza che Ischia, con la sua vocazione turistica, possa ancora essere motivo di lavoro e di benessere per i suoi abitanti e non solo e, come in passato, rappresentare un vero volano per la ripresa economica e sociale della nostra regione.

C’è invece una sorta di scoraggiamento che, quale pastore di questa Chiesa, spesso registro sul volto degli isolani e, in particolare, delle popolazioni colpite dal sisma: uno scoraggiamento che a volte si trasforma in disincanto e sfiducia; e ciò a causa degli evidenti ritardi nell’avviare l’opera della ricostruzione ma anche a motivo della manifesta lentezza nel fornire dati e indicare prospettive ed indirizzi di lavoro.

Alle Autorità di Governo e a quanti sono deputati a gestire il prossimo futuro, ribadiamo quanto chiedevamo la sera dei funerali delle vittime del sisma: vale a dire l’invito ad attivarsi prontamente per una celere ricostruzione degli edifici distrutti e per un sicuro restauro dei tanti fabbricati coinvolti, affinché a quanti hanno perso la casa, sia offerta al più presto una dignitosa e stabile abitazione. La ricostruzione delle zone interessate dal sisma avvenga in maniera rapida perché una ricostruzione lenta – mi pare di poter dire – è già una cattiva ricostruzione; ma soprattutto avvenga anche con il coinvolgimento della gente e non si operi sulla testa degli isolani. Ciò richiederà da parte nostra un nuovo protagonismo sociale e l’impegno a mettere da parte particolarismi e interessi personali.

Carissimi,all’indomani del forte sisma che ha colpito la nostra bella isola, una Parola ci fu donata dal Signore: una Parola che fu come olio che consola e balsamo che lenisce le ferite; «Io sarò con te!» (Gdc 6, 12): ci disse il Signore! A noi che, visitati dal terremoto, avevamo forse visto vacillare, insieme alle nostre case, anche la certezza dell’amorevole presenza di Dio e ci eravamo chiesti: «Se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo?» (Gdc 6, 13), il Signore venne a dirci che Lui era con noi anche se ci era capitato tutto quello, anche se eravamo stati visitati dal terremoto. Sì, Lui era sempre con noi e lo sarebbe stato ancora di più in quel momento, tanto difficile per la nostra comunità isolana; chiedeva, anzi, alla nostra Chiesa, ma anche ad ognuno, di essere segno della Sua presenza.

Vogliamo questa sera, con questa Celebrazione, dire innanzitutto grazie al Signore per aver mantenuto la Sua promessa: vogliamo dirgli grazie per la Sua presenza; grazie perché le vittime potevano essere certamente di più; grazie per i piccoli Pasquale, Mattias e Ciro, estratti vivi dalle macerie; grazie per la grande solidarietà ricevuta e le numerose manifestazioni di concreto affetto riservateci, da parte di molti. Penso in questo momento ai volontari, agli attestati  di solidarietà e agli aiuti economici consegnatici; penso innanzitutto al Santo Padre Francesco che all’indomani del sisma volle farsi presente invitando tutti a unirsi alla sua preghiera e, nei mesi successivi, volle affidare alla nostra Chiesa un segno tangibile, espressione della sua sincera vicinanza, in favore dei terremotati dell’Isola, che prontamente abbiamo provveduto a consegnare alle famiglie più disagiate, attraverso l’apposita “Operazione Voucher”.

Insieme al Papa vogliamo dire grazie all’episcopato italiano e ai vescovi della Campania e a tutti coloro che, nei modi più vari, hanno voluto farsi prossimi al popolo ischitano visitato dal sisma.

Questa sera però il Signore, ad un anno da terremoto, ci parla ancora. E ci parla proprio in questa Eucaristia. Lo fa attraverso il profeta Ezechiele e le parole di Gesù stesso riportateci dall’evangelista Matteo.

Attraverso il profeta ci dice: «il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: “Io sono un dio, siedo su un trono divino in mezzo ai mari”, mentre tu sei un uomo e non un dio»; e più avanti: «Con la tua saggezza e la tua intelligenza hai creato la tua potenza, ammassato oro e argento nei tuoi scrigni; con la tua grande sapienza e i tuoi traffici hai accresciuto le tue ricchezze e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore». E poi: «Ripeterai ancora: “Io sono un dio”?».

E per mezzo di Gesù, Parola fatta carne, che nel vangelo di oggi dialoga con Pietro e gli altri discepoli, così si rivolge a noi: «è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio»e ancora: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Carissimi, di quale Parola si tratta? Di certo, come sempre, di una parola d’amore, che esce dal cuore di Dio per il nostro bene e la nostra vita! Ma, quella di questa sera, proprio perché parola di amore, è anche una parola di conversione; o meglio una parola che vuole indicare una strada, che intende offrire un orientamento, che vuole mostrare una via, una luce. Attraverso il profeta e la pagina del Vangelo il Signore questa sera – così sento nel mio cuore! – viene ad ammonirci, tutti: chiesa isolana, amministratori e uomini di governo, famiglie terremotate, intero popolo ischitano.

Nella Parola, in particolare, colgo un invito a fare tesoro della lezione del terremoto e a metterci tutti in atteggiamento di ascolto e di umiltà e, perciò, innanzitutto, a mettere da parte sentimenti di autosufficienza e di supponenza, di egoismo e di superbia, propri di chi crede di potersi salvare da solo, contando esclusivamente sulle proprie forze: «chi potrà salvarsi?»: si chiedono i discepoli. «Questo è impossibile agli uomini»: dice loro Gesù.Sì, carissimi: non possiamo salvarci da soli. Abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore – di Colui al quale tutto è possibile – e abbiamo bisogno dell’aiuto gli uni degli altri, perché – ci ha detto la Parola – siamo uomini e non Dio.

Forse anche il nostro cuore si è insuperbito. Forse anche noi abbiamo ceduto all’antica tentazione, quella dell’inizio, e detto “sì” al peccato di orgoglio e autoesaltazione e abbiamo creduto di poter diventare come Dio.

Come il principe di Tiro, forse anche noi abbiamo creduto di essere un dio e abbiamo pensato di essere seduti su un trono divino in mezzo ai mari. E abbiamo pensato che con la nostra saggezza e la nostra intelligenza avremmo potuto creare la nostra potenza e avremmo ammassato oro e argento nei nostri scrigni; e con la nostra grande sapienza e i nostri traffici avremmo accresciuto le nostre ricchezze e, così, si è inorgoglito il nostro cuore. E abbiamo creduto di essere dio e pensatoche tutto ci fosse consentito, che potevamo strafare, che con i soldi tutto sarebbe stato possibile, anche a costo di imbrogliare e di calpestare la dignità della gente, dei piccoli, degli ultimi e dei poveri.  E abbiamo ceduto all’idolatria del denaro.

Ma il terremoto è venuto a ricordarci che noisiamo uomini e non dio. E che scommettere sulla ricchezza, soprattutto quando essa è frutto di ingiustizia e di disonestà, non solo vuol dire costruire sulla sabbia ma rende gli uomini avversari e nemici gli uni gli altri, inquina i rapporti e rende irrespirabile la vita.

Carissimi, sento che il Signore, attraverso il Vangelo di questa sera, desidera invitarci a rivedere la nostra vita e la nostra scala di valori e a smetterla di puntare unicamente su un benessere economico come se il denaro fosse la prima cosa e a smetterla di credere che per aiutare gli altri prima dobbiamo stare bene noi. No, il denaro non è la prima cosa. La vita non ci viene da esso. La vita invece ci viene da Dio e dalla nostra disponibilità a scommettere su Lui, sulla sua Parola, sulla logica del Vangelo che questa sera ci dice che il centuplonon è la somma dei nostri egoismi ma il frutto della nostra capacità di donare, di condividere, amare.

Sì, se saremo disposti a lasciare, a condividere, a mettere a disposizione, a donare, il centuplo ci sarà assicurato. Così fece, dopo il violento sisma del 1883, il venerabile don Giuseppe Morgera, parroco santo di questa città. Così siamo chiamati a fare anche noi.

Lo chiediamo al Signore per intercessione di Maria, l’Addolorata di Casamicciola, la Regina dell’Isola d’Ischia, la Donna fatta Vangelo. Amen.