Tiriamo le somme a conclusione dell’VIII convegno diocesano con il coordinatore Don Pasquale Trani

Cala il sipario sull’VIII convegno diocesano, cosa succederà ora per la chiesa isolana?

Intanto non è un vero è proprio calare il sipario perché come abbiamo impostato tutto il convegno, non ci sono state delle vere conclusioni, a parte le 10 indicazioni per la rotta, che ci ha dato il vescovo. Il convegno nella sua natura ora vuole continuare giorno per giorno, insieme. Il vero e proprio lavoro comincia adesso, sia con i remi che portiamo tutti noi, che con la vela dello Spirito Santo. Adesso tutte le componenti della chiesa ischitana – dai presbiteri agli uffici diocesani alle parrocchie ai movimenti, associazioni e gruppi – sono chiamati a riflettere sui tanti input che sono arrivati: sia sulla visione della Chiesa, come ci ha ribadito Mons. Galantino, sia sullo sguardo universale che ci ha lanciato Riccardi, sia su quella maternità della chiesa sottolineata da Mons. Bregantini. Per non parlare della grande quantità di dati e riflessioni che vanno sul concreto, consegnati dai relatori dei quattro laboratori. Quindi comincia un vero lavoro di approfondimento che ci vedrà impegnati per tutto l’anno pastorale e oltre.

Qualcuno ha detto che al convegno sono state spese parole stupende…ma forse sono troppo ‘alte’ per poterle mettere in pratica ad Ischia. E’ così?

La nostra chiesa è una chiesa locale a tutti gli effetti, da un punto di vista teologico, ecclesiale e non solo. La chiesa di Ischia, avendo il successore degli apostoli (che è il vescovo) è uguale a qualsiasi altra chiesa come può essere ad esempio quella di Milano o a qualche altra chiesa nel mondo. Quindi comprende al suo interno tutte le realtà e le dinamiche proprie di una chiesa locale. Sotto questo aspetto le parole non sono mai grandi, perché parliamo della Chiesa sposa di Cristo. Sono parole grandi se nel senso dell’impegno, nella mole di lavoro che c’è. Noi confidiamo anche e soprattutto sulla guida del Signore e sulle risorse umane e spirituali che si trovano nella Chiesa ischitana.

Quindi realizzare la Chiesa comunione, la Chiesa famiglia, l’idea cioè cuore del Concilio, non diventano parole vuote come spesso accade, ma diventano parole dense di significato.
Che interpretazione dai sul numero dei partecipanti al convegno? Stiamo parlando di 800 persone circa….non è poco visti i numeri dei convegni precedenti.

Premesso che non sono i numeri che fanno una chiesa grande o santa, dobbiamo pur dire che, anche a detta dei relatori che hanno partecipato al nostro convegno e che sono abituè dei convegni Cei di carattere nazionale, che è impressionante vedere questa grande partecipazione. Che impressione darne? Che c’è una grande sete di partecipazione, e per una chiesa locale che ha un numero di abitanti limitato, significa che è un segno di grande speranza.

Al convegno si è mossa una ‘macchina organizzatrice’ enorme. Dacci qualche numero…

La cosa forse più bella e più commovente è la scena finale, quella del sabato notte alla fine del convegno, e del lunedì 20 ottobre mattina, quando tutto compiuto, tutto terminato, con gli occhi lucidi e commossi, tante mamme e papà, armati di ramazza, secchi e muscoli, hanno sistemato tutto nel migliore dei modi, con una grande gioia del cuore, per tutto quello che stavano facendo alla luce anche di tutti gli input che erano arrivati dai relatori, sull’essere ‘chiesa famiglia’, e dal clima di famiglia e di gioia che si è respirato in questi giorni. Il numero di quelli che hanno collaborato in un modo o nell’altro – da chi ha preparato semplicemente una torta o un rustico, a chi ha lavorato ai laboratori, a chi ha allestito fisicamente la sala spostando sedie, pulendo e sistemando gli ambienti – si aggira intorno alle 150 unità. Facciamo ancora fatica nel dover ringraziare singolarmente ciascuno. La Chiesa di Ischia può diventare davvero un laboratorio, perché nel suo piccolo riesce non solo ad incepparsi in piccolezze a causa della natura umana limitata, ma è capace anche di vivere rapporti autentici e di gratuità che la fanno ‘chiesa in uscita’ completamente.

Non c’erano distinzioni fra parrocchie, associazioni, gruppi, movimenti. Un popolo solo. Non trovi?

Hanno partecipato tanti, sia dalla consulta delle aggregazioni laicali che dalle parrocchie e durante il convegno davvero si respirava il “cuor solo e l’anima sola”. Era bello poter collaborare e aiutarsi a vicenda, senza stare troppo a vedere le provenienze. Fermo e restando che ogni provenienza e appartenenza ecclesiale è stata vissuta come una ricchezza e non come difficoltà o divisione. Su questo punto farei riferimento ad una delle dieci parole con cui il vescovo ha voluto concludere il convegno. Parlava dell’“INSIEME”: sono ormai da seppellire le divisioni in gruppi di appartenenza. A volte messe proprio ad arte dall’esterno, da chi vede ancora di malocchio o con sospetto una differenza che fa problema. Nella Chiesa le differenze si ricompongono in unità quando ci si allena, come ci insegna Papa Francesco, a vedere nell’altro il volto di Cristo che porta sempre un segno di comunione.

 

Intervista di Lorenzo Russo, sul Kaire n. 44 del 25.10.2014

Foto di Andrea Di Massa